Adhd, i pericoli dell’eccesso di diagnosi e trattamento

Fonte: Informasalus.it
Due recenti studi, uno canadese, l’altro statunitense, portano nuovi motivi di preoccupazione verso l’ADHD (Sindrome da Iperattività e Deficit di Attenzione, bambini troppo agitati e distratti, nota della redazione di “Giù le Mani dai Bambini). Secondo uno studio effettuato alla University of British Columbia di Victoria da un’équipe guidata da Richard L. Morrow, ogni anno – tra i ragazzi più giovani di ogni classe scolastica – l’Adhd viene sovradiagnosticato.
La ricerca è stata effettuata su 937.943 ragazzi canadesi di età compresa tra i 6 e i 12 anni, suddivisi in base al mese e all’anno di nascita. Si è notato che i nati in dicembre, ovvero i più giovani dell’anno scolastico, avevano un rischio significativamente aumentato del 30% di avere una diagnosi di Adhd rispetto ai nati in gennaio (i più anziani). Nelle femmine, tale rischio saliva al 70%.
Inoltre, i ragazzi e le ragazze nati in dicembre avevano una probabilità di ricevere la prescrizione di un farmaco anti-Adhd superiore, rispettivamente, del 41% e del 77% a confronto dei nati in gennaio. «In altre parole» spiega Morrow «spesso una minore maturità sembra sia scambiata per i sintomi dell’Adhd; ciò induce preoccupazione circa sovradiagnosi e sovra trattamento». I risultati sono in linea con quanto emerso in due precedenti ricerche statunitensi. Dagli Usa, ora, giungono i risultati di una nuova ricerca che porta luce sui rischi dell’uso di metilfenidato ad alte dosi.
Lo studio è stato condotto da Abigail Z. Rajala e colleghi della University of Wisconsin-Madison su primati, sottoposti a test neurocognitivi per valutare la memoria a breve termine, l’impulsività e la volontà di affrontare il compito. Agli animali sono state somministrati vari dosaggio del farmaco anti-Adhd prima dell’esecuzione dei test. A basse dosi i punteggi di performance miglioravano perché le scimmie potevano controllare i loro impulsi e aspettare abbastanza a lungo da focalizzare lo sguardo sull’obiettivo.
Ad alte dosi, invece, le performance erano diminuite, ma i primati non sembravano accorgersene, continuando a ripetere gli stessi errori. Traslando le evidenze sui bambini, questi ultimi con dosi massimali di farmaco rischiano di divenire meno creativi e spontanei, ed è possibile determinare loro un danno ai processi di memorizzazione e linguaggio.
Il link alla ricerca originale (in inglese): http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22392937

Fonte: Informasalus.it

Due recenti studi, uno canadese, l’altro statunitense, portano nuovi motivi di preoccupazione verso l’ADHD (Sindrome da Iperattività e Deficit di Attenzione, bambini troppo agitati e distratti, nota della redazione di “Giù le Mani dai Bambini).Secondo uno studio effettuato alla University of British Columbia di Victoria da un’équipe guidata da Richard L. Morrow, ogni anno – tra i ragazzi più giovani di ogni classe scolastica – l’Adhd viene sovradiagnosticato.

La ricerca è stata effettuata su 937.943 ragazzi canadesi di età compresa tra i 6 e i 12 anni, suddivisi in base al mese e all’anno di nascita. Si è notato che i nati in dicembre, ovvero i più giovani dell’anno scolastico, avevano un rischio significativamente aumentato del 30% di avere una diagnosi di Adhd rispetto ai nati in gennaio (i più anziani). Nelle femmine, tale rischio saliva al 70%.

Inoltre, i ragazzi e le ragazze nati in dicembre avevano una probabilità di ricevere la prescrizione di un farmaco anti-Adhd superiore, rispettivamente, del 41% e del 77% a confronto dei nati in gennaio. «In altre parole» spiega Morrow «spesso una minore maturità sembra sia scambiata per i sintomi dell’Adhd; ciò induce preoccupazione circa sovradiagnosi e sovra trattamento». I risultati sono in linea con quanto emerso in due precedenti ricerche statunitensi. Dagli Usa, ora, giungono i risultati di una nuova ricerca che porta luce sui rischi dell’uso di metilfenidato ad alte dosi.

Lo studio è stato condotto da Abigail Z. Rajala e colleghi della University of Wisconsin-Madison su primati, sottoposti a test neurocognitivi per valutare la memoria a breve termine, l’impulsività e la volontà di affrontare il compito. Agli animali sono state somministrati vari dosaggio del farmaco anti-Adhd prima dell’esecuzione dei test. A basse dosi i punteggi di performance miglioravano perché le scimmie potevano controllare i loro impulsi e aspettare abbastanza a lungo da focalizzare lo sguardo sull’obiettivo.

Ad alte dosi, invece, le performance erano diminuite, ma i primati non sembravano accorgersene, continuando a ripetere gli stessi errori. Traslando le evidenze sui bambini, questi ultimi con dosi massimali di farmaco rischiano di divenire meno creativi e spontanei, ed è possibile determinare loro un danno ai processi di memorizzazione e linguaggio.

Il link alla ricerca originale (in inglese): http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22392937

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