Di Stella Savino – Fonte: 27ora, blog del Corriere della Sera
La maggior parte dei bambini è iperattivo per natura, eppure è perfettamente normale. Così come molti bambini sono disattenti, eppure questo non significa che siano malati.
E allora dov’è che tracciamo la linea di demarcazione tra ciò che è normale e ciò che non lo è?
ADHD sta per Attention Deficit Hiperactivity Disorder, ed è considerato da molti una anormalità neuro-chimica geneticamente determinata. Nel mondo ci sono circa 11 milioni di bambini che sono stati diagnosticati ADHD e poi sottoposti a cura farmacologica. La maggior parte di questi si trova negli Stati Uniti, dove viene consumato circa l’80% della produzione mondiale di psicofarmaci e dove l’ADHD è stato diagnosticato anche nei bambini di 1 anno.La seconda Grande Questione riguarda la diagnosi. Il DSM che è la bibbia della psichiatria americana, e non solo. Qui trovano posto migliaia di malattie e i criteri diagnostici e le terapie (farmacologiche e non) da seguire. Nei volumi del DSM c’era anche l’omosessualità, catalogata come malattia mentale e poi scomparsa nel 1974 per alzata di mano. È un parallelo illuminante per comprendere i criteri con cui il DSM regola gli standards diagnostici di tutte le malattie mentali, tra cui ovviamente anche l’ADHD. Con quali criteri diagnostici viene diagnosticato? E le persone chiamate ad assolvere a questo difficilissimo compito sono libere o legate agli interessi economici delle case farmaceutiche?
Seguendo il filo dei molti interrogati più che urlare i fatturati delle multinazionali del farmaco nel 2008 ho iniziato a scrivere il film, ADHD Rush Hour, di cui vedete alcune clip.
Mi aveva colpito un’inchiesta del Corriere del Mezzogiorno, in Campania, sulla protesta contro le linee guida del Ministero della Salute che reintegravano il Ritalin, bandito qualche anno prima. Era una questione molto delicata perché riguardava la somministrazione di Psicofarmaci in età pediatrica su bambini iperattivi.
Ci fu una vera e propria levata di scudi, medici, psichiatri, e rappresentanti delle istituzioni, tra cui il Dipartimento di Salute Mentale della ASL Napoli 1 e il decano della psichiatria napoletana Sergio Piro (oggi scomparso) presero posizione criticando i protocolli del Ministero. Da tutto questo nacquero una serie di incontri sul tema, organizzati dal Centro Shen di Napoli, un punto di riferimento in città, che si occupa di diritto alla salute e libertà di cura.
Incuriosita da questi incontri feci una rapida ricerca in internet semplicemente digitando l’acronimo ADHD e rimasi subito colpita, anzi sconvolta, dai dati allarmanti e dalle storie che abbondavano nel web su un tema di cui io non avevo mai sentito parlare.
Possibile che ci fossero milioni di bambini medicalizzati per una malattia che forse non era una malattia? E com’era potuto accadere? E soprattutto perché questa stessa malattia raggiungeva punte dell’11% in America e scendeva sotto l’1% in Italia? E cosa succedeva nel mezzo tra questi due estremi? Da tutto questo sono nate le mie riflessioni e la mia indagine, naturalmente io ho un’idea precisa in proposito ma non è per quello che ho fatto il film.
Il mio dovere di documentarista è attraversare la realtà come se stessi compiendo un viaggio… il risultato è una riflessione critica, mai un giudizio, tanto più che tutte le persone che ho incontrato, anche quelle che nella vita avrei giudicato, avevano una grandissima umanità e partivano tutte da una sofferenza reale specifica e comune, provocata soprattutto dalla solitudine in cui vivevano il problema.
Io tendo per indole a non giudicare le scelte delle persone, tanto più di quelle che ho incontrato e che, con grandissima generosità, mi hanno aperto la porta di casa, come le madri dei miei protagonisti, che partivano tutte da una sofferenza reale, specifica e comune, provocata soprattutto dalla solitudine in cui vivevano il problema.
Le persone sono lasciate a se stesse, questo mi interessa molto, abbandonate dalle istituzioni che dovrebbero sostenerle e che invece, purtroppo, quasi mai brillano per trasparenza o intelligenza.
Ciò che più mi interessa non è tanto il disagio in sé quanto piuttosto l’assoluta inadeguatezza della Società a trattare e a relazionarsi con il disagio, di qualunque forma esso sia.
Ha poca importanza che si tratti dell’ADHD, del problema dell’emigrazione, dell’omosessualità o anche più semplicemente della vecchiaia, perché il problema è sempre lo stesso: si tratta di qualcosa di scomodo che ci crea disagio e per questo lo bolliamo come “diverso” o come “malato”, come qualcosa che va “eliminato” o “curato”. Credo però che quando tutto questo lede i diritti dell’infanzia, la nostra inadeguatezza diventa insopportabile, ed è essenzialmente per questo motivo che ho fatto questo film.
Vale la pena forse di ricordare che gli effetti collaterali di alcuni dei farmaci usati nella cura dell’ADHD sono devastanti e, quelli sì, senza ritorno. Infarto, alopecia, danni epatici, problemi cardiovascolari, difetti di crescita e di sviluppo sessuale, tendenza al suicidio in bambini sotto i dieci anni che non dovrebbero nemmeno sapere che significato ha la parola suicidio!
Non è più il tempo di stare a discutere se l’ADHD esiste o no, se è un’invenzione delle case farmaceutiche o no.
Io dico più semplicemente: se esiste il disagio allora la sofferenza è reale e dunque esiste anche il problema, ma il problema non sta nell’iperattività dei bambini!
Non ci sono colpevoli? Sarei una pazza a sostenere una tesi del genere… Le multinazionali farmaceutiche speculano sulle nostre debolezze, sulla nostra ignoranza, sulla nostra paura. È per questo che ho fatto questo film, perché uno sguardo più ampio sul problema possa aiutare a prendere una decisione più giusta….
L’abuso? L’abuso che viene fatto sui bambini è gravissimo perché loro non possono scegliere mai. E soprattutto perché non sempre gli adulti chiamati a farlo al posto loro sono in grado. A chi continuamente mi chiede se l’Adhd esiste davvero oppure no io rispondo sempre che sì! esiste. Esiste il disagio e dunque esiste il problema… esiste la sofferenza… tutto questo è reale… o almeno lo è diventato… ma se mi viene chiesto se l’Adhd è una malattia, rispondo che non lo credo… e che non è la cura farmacologica a risolvere, quella tiene il sintomo sotto controllo ma non cura il problema alla radice, lo rende solo più accettabile per la società che deve convivere con quel problema…
Giovanni Bollea, che io incontrai in un pomeriggio di dicembre mi disse: «Il 90% dei casi che mi sono capitati nella mia lunga carriera io li ho curati in 2 modi: mandando i genitori in terapia o il bambino in bici con il padre».
Un neuro-psichiatra americano, William Pelham, intervistato nel mio documentario dice: nello Stato della Florida per andare a pesca devi avere una licenza, una sorta di patentino, mentre, invece, non hai bisogno di alcuna licenza per diventare genitore. Ora vi chiedo cosa sia più difficile, pescare o crescere un bambino?
Il problema reale dunque è l’assoluta inadeguatezza della società civile (scuola, famiglia, istituzioni) a trattare e a relazionarsi con il disagio, di qualunque forma esso sia e tende dunque a catalogarlo, a ghettizzarlo, ad escluderlo…
Allora mi chiedo sono i bambini ad avere un problema o è la società che non è più in grado di gestirli?
Rush Hour in inglese significa “Ora di Punta”, quando tutti gli impiegati corrono magari per la pausa pranzo o per tornare a casa… il problema del tempo che va sempre più gestito e ottimizzato ha sconvolto tutti i nostri normali e sani ritmi di vita… restavano solo i bambini a fermare il tempo… ora nemmeno più loro… o almeno questo è quello verso cui tutti stiamo andando!…
ADHD – RUSH HOUR, scritto e diretto da Stella Savino
arriva al cinema il 26 giugno, distribuito da Microcinema