Il 27 settembre 2000, il dottor David Fassler, in qualità di rappresentante dell’American Psychiatric Association (APA), dell’American Academy of Child e dell’Adolescent Psychiatry, dichiarava al “Committee on Education and the Workforce”, Commissione del parlamento Americano:
“…si stima che l’ADHD sia il più diagnosticato fra i disagi psichici dell’infanzia: dal 3 al 5 per cento dei bambini con un rapporto di tre a uno dei maschi sulle femmine. È stata verificata una sotto diagnosi, e carenze nei servizi medici psichiatrici si riscontrano a danno delle minoranze etniche, soprattutto per gli afro-americani. Sarò chiaro: l’ADHD non è facile da diagnosticare, e non si può rilevare in una visita da 5 o 10 minuti. Molti altri problemi quali ansietà, depressione e disagi nell’apprendimento presentano sintomi simili a quelli dell’ADHD. Ci sono anche altri problemi pediatrici secondari legati a tale malattia. Insomma, l’ADHD e altri morbi psichiatrici sono effettivamente diagnosticabili, sono vere e proprie malattie e affliggono un sacco di bambini.”
Per contro, due giorni dopo, il celebre Psichiatra Peter Breggin dichiarava alla medesima Commissione:
“…il numero di bambini che usano queste droghe continua a salire. Uno studio recente in Virgina indica che oltre il 20% dei ragazzi bianchi di quinta elementare ricevono droghe stimolanti durante l’attività scolastica. In Nord Carolina si rileva che il 10% dei bambini hanno ricevuto droghe a scuola o a casa. Non è stato reso pubblico il dato sugli adolescenti, ma è realistica una stima del 15% o più. Dei 53 milioni di bambini iscritti a scuola, più di 5 milioni di loro assumono droghe stimolanti. Queste sostanze sono alla lunga molto più dannose di quanto sembra che certi esperti ritengano. Ho personalmente catalogato diversi effetti collaterali in uno studio a suo tempo pubblicato che cita fonti scientifiche più che attendibili. Spesso gli stimolanti aprono la porta ad ulteriori trattamenti medici psichiatrici. Laddove questi stimolanti inducono ultrastimolazione, questa viene trattata con pericolosi sedativi. La depressione indotta da queste droghe invece è affrontata con antidepressivi altrettanto pericolosi e vietati. Agli scompensi indotti dagli stimolanti nel comportamento dei bambini si risponde con degli stabilizzatori. Si arriva quindi a bambini che assumono fino a quattro/cinque droghe psichiatriche contemporaneamente. È importante che questa commissione comprenda che le diagnosi di ADD e di ADHD sono state sviluppate esclusivamente allo scopo di giustificare e incentivare l’uso di queste sostanze…”
Secondo Fred Baughman Jr. (medico in neurologia pediatrica in California, consigliere medico della Fondazione per il Diritto all’Alfabetizzazione e membro dell’Accademia Americana di Neurologia), i bambini diagnosticati sarebbero il 33% della popolazione scolastica delle elementari. In alcune classi la metà degli scolari assume il Ritalin: il 10-15% dei bambini su scala nazionale sarebbero a rischio, e questa diagnosi raddoppia ogni 4-5 anni.
Nel rapporto del 23 febbraio 1999 dell’International Narcotics Control Board, si trova scritto che:
“L’uso di sostanze eccitanti, metilfenidato, per la cura del ADHD/ADD è in aumento di un sorprendente 100% in più di 50 paesi. In molti paesi, quali Australia, Belgio, Canada, Germania, Islanda, Irlanda, Paesi Bassi, Nuova Zelanda, Norvegia, Spagna e Regno Unito, l’uso delle sostanze stupefacenti potrebbe raggiungere rapidamente livelli alti quanto quelli degli Stati Uniti, che al momento consumano più dell’85% della quantità totale mondiale. Il Consiglio si appella affinché le nazioni valutino la sovrastima dell’ADHD e frenino l’uso eccessivo del metilfenidato. I pazienti curati con questa droga, che all’inizio degli anni novanta erano nella maggior parte studenti della scuola elementare, includono ora un numero crescente di bambini, adolescenti e adulti. Negli Stati Uniti, è stata “diagnosticata” l’ADHD in bambini di appena un anno!”
Sempre negli Stati Uniti il Disturbo da Carenza di Attenzione (ADD), si è moltiplicato dai 500.000 casi del 1988 ai 4 milioni e 400 mila nel 1997, per superare i 6 milioni oggi. Sta aumentando rapidamente la somministrazione nella fascia 2-4 anni: tra il 1991 e il 1995, l’uso di Ritalin tra i bambini americani in età prescolastica è infatti aumentato del 150%, e quello di antidepressivi come il Prozac è salito addirittura del 200%, come messo in evidenza dall’articolo dell’American Medical Association, nonostante siano ormai schiaccianti le prove raccolte su volontari sani sottoposti a trattamento con farmaci inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRL) che evidenziano come questi farmaci inducano una quota significativa di pazienti al suicidio, al para-suicidio, a commettere omicidi, e creino dipendenza (si legga in proposito la relazione alla Medicines Control Agency redatta dal dott. Prof. David Healy, uno dei massimi esperti di farmaci SSRL del mondo).
Il metilfenidato non è comunque l’unico farmaco che viene dato ai bambini e l’America non è l’unico Stato dove questo viene promosso su ampia scala. Si fa uso anche di destroanfetamina, pemolina, matanfetamina, Adderall. I farmaci non eccitanti comunemente usati per il 20% dei bambini e adolescenti che non rispondono ai farmaci stimolanti, per la presenza di patologie indotte dai farmaci stessi sono: Aloperidolo, Pimozide, Clonidina, Guanfacina, Nortriptilina, Amitriptilina, Imipramina, Deprenil, Clomipramina, Desipramina, Bupropione, Fluoxetina, Nicotina, IMAO, Moclobemide, Carbamazepina, Valproato, Litio, Cloropromazina, Venlafaxina, Buspirone, BDZ (fonte A. Rossi, R. Pollice, Dipartimento di Medicina Sperimentale, Clinica Psichiatrica dell’Università dell’Aquila, in “Giornale Italiano di Psicopatologia”).
Il fenomeno riguarda la maggior parte dei paesi industrializzati ed è in preoccupante aumento ovunque. In Australia, le prescrizioni di dexamfetamina sono aumentate da 9.937 nel 1990 a 127.377 del 1995. Le prescrizioni di Ritalin da 13.398 a 46.543 nel giro di 4 anni. In Inghilterra 200.000 bambini sono curati con droghe, con tendenza al raddoppio ogni anno, ed in Canada sono già oltre 1.500.000 i bambini dipendenti da psicofarmaci.
Dal 1980 in poi i criteri diagnostici del DSM (il manuale psichiatrico che elenca tutte le possibili patologie, riscontrate scientificamente o meno) sono diventati progressivamente più “elastici”, a tal punto che la diagnosi è estensibile potenzialmente a tutta la popolazione scolastica. I comportamenti-sintomo sono definiti in modo molto generico, lasciando all’osservatore un grado di discrezionalità tale da rendere non comparabili le osservazioni ed errata la costruzione di strumenti normativi: di fatto non esiste alcuno strumento di psicodiagnostica indipendente od analisi medica che possa dimostrare con certezza l’esistenza di molte patologie riferibili all’infanzia.
Nel rapporto “2002 American Academy of Pediatrics – Annual Meeting Attention Deficit Hyperactivity Disorder: Current Diagnosis and Treatment”, il dottor Mark L. Wolraich scrive:
“…la diagnosi dell’ADHD resta controversa: dipende da resoconti sul comportamento del bambino estrapolate da varie fonti, in particolare genitori e insegnanti. Ma ci sono spesso discrepanze tra i loro pareri e non esiste un metodo certo per dirimerle. Ad esempio la discrepanza può derivare dal fatto che il comportamento muta a seconda dell’ambiente – a casa ci si comporta diversamente che in classe – inoltre i rapporti suono spesso soggettivi anche perché non ci sono le stesse identiche norme sociali in ogni tipo di ambiente. Gli osservatori si basano solo sul proprio parere, ma senza riguardo al fatto che, parlando di età evolutiva, i diversi gradi di sviluppo e crescita soggettivi introducono ulteriori variabili.”
La diagnosi differenziale è particolarmente ardua e l’errore diagnostico supera statisticamente il 50%. Questo problema era già stato evidenziato nel 1996 da un rapporto del “U.S. Department of Justice Drug Enforcement Administration”. In uno studio pilota fatto in Canada alcuni anni fa dal Dr. Wendy Roberts, direttore del “Child Development Centre at Sick Children’s Hospital in Toronto”: solo due bambini su 10 esaminati e precedentemente etichettati raggiungevano i criteri diagnostici minimi propri dell’ADHD. Sovente la diagnosi è fatta da medici di famiglia (35% delle diagnosi in Canada) che non hanno sufficiente competenza o tempo per fare una diagnosi differenziale.
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