Di Anna Maria De Luca – Preside. Fonte: Huffington Post Italia
“Preside, Marco si è addormentato di nuovo sul banco”. Di fronte a me, una maestra rassegnata alla impossibilità di gestire un alunno della terza. Marco è uno di quei tanti bambini – sono almeno 850 mila in Italia – che entrano a scuola già “dopati” di psicofarmaci. I genitori hanno taciuto per mesi, cosi come tanti altri, per proteggere la privacy della propria famiglia. L’Asl è come al solito inesistente, non hanno finanze e medici a sufficienza per coprire il bisogno delle scuole. I compagni di classe hanno capito che qualcosa non va e prendono in giro Marco, cosi come deridono Ilaria quando chiede di andare in bagno. Sanno che probabilmente Ilaria si taglierà di nuovo, sanno che le maniche lunghe coprono un autolesionismo che i genitori conoscono ma di cui si vergognano, anche quando si dimenticano di venirla a prendere alla fine delle lezioni. E lo sportello di ascolto che faticosamente siamo riusciti a metter su non basta per rispondere alle esigenze di tutti i ragazzi, bisognerebbe tenerlo aperto h 24 ma la scuola non ha soldi per farlo.
E che dire di Miguel, in quarta. Quando la maestra, esasperata mi ha chiesto di andare in classe, l’ho trovato per terra, in un angolo. Respirava pesantemente dietro le gambe di due sedie che usava come scudo, nascondiglio, gabbia. Qualche giorno dopo finì in ospedale, investito da un’auto mentre attraversava la strada con sua madre. Lo andai a trovare e mi resi conto della situazione. Lei era ancora terrorizzata dal marito che l’aveva presa a calci nella pancia anche durante la gravidanza, per farle perdere il bambino. Ricordo ancora i disegni di Miguel, raccontavano un mondo che teneva chiuso nel suo cuore e nella sua mente, un mondo più grande di lui, ingestibile. Intervennero i servizi sociali e la madre mi tolse il saluto, si sentiva tradita forse anche dalla scuola.
Un giorno, i genitori di Marco chiesero di parlarmi. Finalmente si erano decisi a comunicare alla scuola che il bambino era in cura per la famosa ADHD, sindrome da Deficit dell’Attenzione e Iperattività, con psicofarmaci. “Marco è seguito da un bravissimo medico, prende le medicine a orario e tutto va bene”. La preoccupazione principale era dimostrare quanto seguissero il figlio, tanto da portarselo dietro anche per parlare con me. Marco era lì, a testa bassa, ascoltava quel che loro mi dicevano. Sembrava una sorta di cucciolo parcheggiato con le quattro frecce lampeggianti. Lo feci uscire dalla stanza. In sostanza, il discorso era: non è certo responsabilità nostra se ha bisogno di psicofarmaci, è responsabilità della scuola capire che Marco deve prendere voti buoni e non va rimproverato. Il resto fa parte degli effetti collaterali delle medicine.
Non discuto del fatto che in alcuni casi le medicine siano necessarie, ma si tratta di pochi casi. In molti altri, le medicine sono parte integrante di una catena di deresponsabilizzazione centrata sul liberare i genitori dal senso di responsabilità e di colpa, una “liberazione” pagata fior di quattrini nel buco tra le Asl e le scuole e portata avanti con psicofarmaci per minori nella buona pace dei genitori e, a volte, anche degli insegnanti. Di certo i dati sui bambini depressi dimostrano come i suicidi aumentino quando si ha alle spalle una cura farmacologica. Come ha scritto tempo fa lo
psichiatra Federico Bianchi di Castelbianco, tra i bambini depressi che non prendono psicofarmaci, 35 su 2 mila hanno tentato il suicidio mentre il numero sale a 70 tra quelli che erano in cura farmacologica.
L’Istituto Superiore di Sanità specifica quali farmaci usare per l’iperattività che, secondo l’Adhd World Federation colpisce il 5% dei minori in tutto il mondo, vale a dire un milione di persone che diventano, negli anni della scuola, clienti a vita delle case farmaceutiche. È noto infatti che chi usa psicofarmaci da minorenne continuerà ad assumerli anche da adulto in misura maggiore di chi non ne ha mai ingoiato. Del resto, l’Agenzia europea per il farmaco ha abbassato da 18 a 8 anni l’età per somministrare Prozac e similari. Negli Usa il 10% dei bambini con meno di dieci anni assume quotidianamente farmaci per Adhd, e sono cinquecentomila i minori che prendono antipsicotici. E cosa dire dei dubbi sulla reale esistenza della malattia per la quale scorrono fiumi di psicofarmaci a base di anfetamine e altre molecole psicoattive, dubbi avanzati proprio da uno degli psichiatri che maggiormente hanno lavorato sull’Adhd, Leon Eisenberg in una intervista rilasciata qualche tempo prima di morire sul settimanale tedesco
Der Spiegel.
Dagli anni Cinquanta la psichiatria americana ha puntato alle cause chimiche delle malattie mentali e meno a quelle psicologiche, si medicalizza il disagio rispondendo in modo chimico, ma io mi chiedo dove sono i dati reali sugli effetti degli psicofarmaci ai minori e perché ogni università “spara” numeri diversi. E cosa dire della ricerca di Madelyn Gould, Professore di epidemiologia e Psichiatria pediatrica alla Columbia University, sul possibile legame tra l’assunzione di medicinali contro ADHD ed il rischio di “morte improvvisa”.
Servono protocolli diagnostici che consentano una logica seria nella prescrizione. Nel frattempo, accade che entri in una classe e trovi un bambino al centro dell’aula che si fa bellamente i fatti suoi mentre gli altri lavorano, lui ti guarda e ti dice sfacciatamente “sono Adhd e i miei hanno detto che posso fare quello che voglio”. E magari diventa anche spacciatore di medicine per i coetanei, fenomeno che sta iniziando a diffondersi anche in Italia ma che negli Usa si verifica da anni con il Ritalin usato per il cosiddetto “disturbo di attenzione”. Sì, ma l’attenzione di chi?
“Young Minds Matter” è la nuova iniziativa editoriale che mira a instaurare un dialogo con i bambini sul tema della salute mentale ed emotiva, affinché possano sentirsi amati, stimati e compresi. Nata grazie a Sua Altezza la duchessa di Cambridge che vestirà i panni di direttore ospite, discuteremo dei problemi, delle cause e soprattutto delle soluzioni al pregiudizio sociale che circonda i bambini colpiti dalla malattia mentale. Per partecipare come blogger alla sezione “Young Minds Matter” invia una email a ukblogteam@huffingtonpost.com