Gravi reazioni avverse all’uso di antidepressivi: risultati del programma AMSP del Multicentro federale Tedesco sulla farmacovigilanza

area scientifica Giù le mani dai bambini Onlus

2004 Degner D et Al.

Vengono qui descritti i risultati relativi a 53.042 pazienti su 122.562 che sono stati trattati con antidepressivi, monitorati tra il 1993 e il 2000 in 35 ospedali psichiatrici in Paesi di lingua tedesca.

Autori: Degner D, Grohmann R, Kropp S, Ruther E, Bender S, Engel RR, Schmidt LG

Università/laboratorio: Dipartimento di Psichiatria e Psicoterapia, Università Georg-August, Goettingen, Germania.

Abstract:

Lo scopo del programma tedesco di sicurezza della somministrazione farmacologia nella psichiatria AMSP (Arzneimittelsicherheit in der Psychiatrie) si pone come obiettivo quello di valutare le gravi o nuove “reazioni avverse ai farmaci” (ADRs – Adverse Drug Reactions). Vengono qui descritti i risultati relativi a 53.042 pazienti su 122.562 che sono stati trattati con antidepressivi, monitorati tra il 1993 e il 2000 in 35 ospedali psichiatrici in Paesi di lingua tedesca.

L’incidenza totale di gravi ADR  degli antidepressivi si attesta sull’1,4% dei pazienti esposti;  quando solo gli ADR probabili o certe furono considerate, si può osservare un’incidenza dello 0,9% in pazienti trattati con antidepressivi. La percentuale di ADR cresce per gli antidepressivi triciclici – i TCA – (1,0% del totale dei pazienti, lo 0,6% considerando solo gli AD) e diminuisce per gli inibitori MAO e SSRI (0,7% per entrambi, rispettivamente lo 0,3% e lo 0,4%). 

All’interno de gruppo TCA esiste una distinzione tra la clomipramina (2,1%, rispettivamente l’1,0%), l’ amitriptilina (1,0%, rispettivamente lo 0,6%) e la doxepina o la trimipramina (entrambe lo 0,6%, rispettivamente lo 0,3%). Considerando i singoli SSRI, sono state osservate percentuali simili tanto per la paroxetina (lo 0,8%, rispettivamente lo 0,5%), quanto per il citalopram (lo 0,7%, rispettivamente lo 0,4%). 

 Per quanto riguarda, invece, i nuovi antidepressivi a doppia azione, la venlafaxina ha raggiunto lo 0,9% (rispettivamente lo 0,5%) e la mirtazapina lo 0,6% (rispettivamente lo 0,5%). Nel dettaglio, i TCA sono stati associati a rischi conosciuti, come il delirio tossico, attacchi epilettici e reazioni epatiche (come un incremento del numero degli enzimi del fegato), urologiche (come ritenzione urinaria), allergiche ( come esantemi) o reazioni cardiovascolari (principalmente collasso ortostatico). 

Nei casi di pazienti (non-deliranti) trattati con SSRI, le reazioni avverse ai farmaci principali erano di tipo psichico e neurologico, seguite da reazioni gastrointestinali, dermatologiche ed endocrinologiche/elettrolitiche, accompagnate da agitazione, iponatremia (probabilmente legata alla sindrome da inappropriata secrezione SIADH ed associata a gravi sintomi neurologici e psichiatrici nel 64% dei casi), un aumento del fegato nella produzione di enzimi, nausea e, come sintomo più indesiderato, la sindrome da serotonina. 

 La venlafaxina (nella formulazione a rilascio immediato) è stata associata a sintomi avversi somatici e al sistema nervoso centrale, come forte ansia, diarrea, aumento di produzione di enzimi del fegato, ipertensione, e iponatremia. La Mirtazapina fu prevalentemente  associata a incremento di enzimi epatici, edema cutaneo e collasso, ma non a casi significativi di iponatremia. Per quanto riguarda i farmaci che inibiscono fortemente la ricaptazione della serotonina, è fondamentale il controllo della concentrazione di sodio nel   siero nel caso in cui venga somministrata una terapia ad alto dosaggio o se i pazienti sono particolarmente vulnerabili.

 

Pubblicazione: Pharmacopsychiatry, 2004 Mar;37 Suppl 1:S39-45.

Riferimenti:  http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/15052513 

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