Intervento del Portavoce Nazionale Luca Poma al convegno “Libertà di cura: una scelta europea”

giù le mani dai bambini news

Sabato 3 giugno, presso il Cinema Odeon di Firenze, a cura di Terra Nuova Editore, si è svolto il convegno “Libertà di cura: una scelta europea”, cui ha partecipato – presentando il libro “Salviamo Gian Burrasca“, il nostro Portavoce Nazionale.  Riportiamo qui di seguito il testo del suo intervento, visibile anche sul canale youtube dell’editore.

Saluto gli organizzatori, tutte le persone in sala, davvero numerosissime, e il Senatore Maurizio Romani, della Commissione Sanità del Senato, unico politico a mio avviso realmente sensibile a queste tematiche. Grazie per avermi invitato a parlare oggi. La materia che insegno in Università è Comunicazione, io non sono un medico, quindi è su questo che si concentrerà il mio intervento: sul peso e gli effetti che le campagne di comunicazione possono avere sulla determinazione dei cosiddetti decisori e sull’orientamento della pubblica opinione.

Voglio subito sgombrare il campo agli equivoci dicendo che non sono un “anti-vax”, per dirla con un etichetta particolarmente in voga in questo ultimi mesi.

Nel mio intervento non parlerò di vaccini, ma dal momento che è comunque l’argomento del giorno, se ci tenete a conoscerla la mia posizione è quella del Dott. Ivan Cavicchi, Professore in Sociologia delle organizzazioni sanitarie all’Università Tor Vergata di Roma, e cito testualmente:

Ne penso male, della radiazione del Dott. Miedico, penso che sia un’esagerazione. Gli ordini, per richiamare i loro medici quando sbagliano hanno altre misure, possono fare delle censure, dei ricorsi, possono sospendere. Ma la radiazione è un atto grave. In genere nella storia degli ordini, si radiano i medici per omicidio. Trovo davvero sproporzionata, credo ci sia un’ansia, un’angoscia che andrebbe governata meglio. E sono talmente d’accordo sulla vaccinazione che la posizione “vaccini si – vaccini no”, la trovo sbagliata. Vaccini si, ma in un certo modo. Un vaccino non è diverso da un farmaco. Va gestito clinicamente, va illustrato al malato, al cittadino. Va addirittura co-gestito: possono dare effetti collaterali. Il cittadino deve essere informato. Oggi la gente, rispetto ai vaccini è bombardata da contraddizioni, bombardata da informazioni le più difformi. Noi non abbiamo un Ministero della Salute che sia stato capace di governare la disinformazione. Mettetevi nei panni di un genitore che ha un bambino: ne sente di tutti i colori. Io l’idea che ci sia un genitore irresponsabile che non vuole vaccinare suo figlio, o che vuole attentare alla salute pubblica, ebbene a quest’idea non ci credo. Penso che il genitore, oggi, abbia un mestiere più difficile di ieri. Oggi il genitore è bombardato da queste cose. Dobbiamo dire come stanno le cose, non limitarci alla campagna di vaccinazione, perchè sennò facciamo la fine del fertility day! Bisogna fare dei programmi di formazione. Bisogna coinvolgere le scuole, i genitori. Io credo nell’obbligo morale di tutelare i propri figli. Voi sapete che il nostro Paese è stato il paese capofila, nel mondo, per la vaccinazione, per cinque anni. Io ne sono fiero, perchè è un riconoscimento alle nostre istituzioni. Però attenzione, perchè se andiamo a vedere tutto il panorama dell’Europa, metà europa non ha obbligazioni, l’altra metà ha pochi vaccini obbligatori: se l’obiettivo è esportare il modello Italia in altre nazioni, è evidente che c’è una speculazione finanziaria fortissima dietro, questo lo dobbiamo dire. Allora, io non dico “no ai vaccini”, ma ci va trasparenza e prudenza. Le cose che mi preoccupano? Questo è un Decreto pieno di esagerazioni. Sono esagerate le sanzioni a carico dei genitori. Addirittura togliere la patria potestà ai genitori… Io faccio il sociologo per professione: ma lei si è chiesto perchè calata la copertura vaccinale? A suon di obblighi-obblighi-obblighi si preclude la possibilità di parlare con la gente. E c’è anche un grande contenzioso legale anche sui vaccini. Esistono gli eventi avversi, per i quali ci sono delle richieste di risarcimento.  La cosa sulla quale non concordo è questa visione coercitiva: penso che non sia efficace. Io voglio raggiungere un obiettivo che è di alzare la copertura vaccinale, ma non credo che i sistemi indicati nel Decreto siano efficaci. Credo anzi che ci sarà una crescita del contezioso legale e del disagio. Credo che ci saranno delle ingiustizie. Allora non dico “si/no”, l’opposizione si/no è sbagliata. Dico: esiste un’altra strada? Secondo me si! Dobbiamo investire sulle persone: non obbligarle! Questo decreto ha trasformato di fatto il vaccino in un trattamento sanitario obbligatorio per centinaia di migliaia di piccoli cittadini”

Una domanda, che mi sono fatto, da addetto ai lavori del settore della comunicazione, ma che faccio anche a voi, come spunto di riflessione: la libertà di cura, la gestione progettuale della salute, passa anche attraverso un’informazione completa e corretta sui temi sanitari? E’ in qualche modo condizionata dal grado di “verità” che caratterizza i turbinosi flussi di comunicazione, spesso digitale, dei giorni nostri…?

Per tentare di rispondere a questa domanda, e anche per non centrare in modo ossessivo il dibattito solo sul tema dei vaccini, è certamente utile esaminare alcuni “casi”, occasioni di visibilità e di confronto/scontro mediatico che hanno coinvolto ad esempio il settore delle medicine non convenzionali negli ultimi mesi, perché quesi casi sono davvero “illuminanti” circa il rapporto tra sistema dei mass-media, cittadini e libertà.

Un blogger italiano noto per le sue posizioni antagoniste alla medicina complementare/non convenzionale, ha recentemente postato un pesante attacco a “Natura che cura”, il progetto di informazione sulle medicine naturali promosso nelle scuole dall’Associazione Medica Italiana di Omotossicologia, per sensibilizzare gli studenti sul paradigma medico della medicina “low dose” e sulla necessità di prevenzione delle malattie e dei corretti stili di vita. L’argomentazione del blogger era che si sarebbero “plagiati i bambini, nel tentativo di far loro assumere farmaci omeopatici” (!); ebbene, mi sono documentato, e nel corso non si parla specificatamente di alcun farmaco, e si ribadisce invece, come ho detto, la necessità di adottare corretti stili di vita per un’efficace prevenzione delle malattie. Trattasi peraltro di un’offerta formativa gratuita, erogata grazie alla generosità e disponibilità dei medici specializzati in MNC del territorio, ed è un offerta che non comporta alcun obbligo: chi non la condivide, è sufficiente non vi aderisca.

Immenso clamore nel settore ha suscitato anche la pubblicazione di “un nuovo studio scientifico australiano” – così recitavano i pennivendoli italiani – che avrebbe detto, l’ennesima volta, “la parola fine sull’omeopatia”: una metanalisi di una serie di studi che inequivocabilmente dimostravano che etc. etc. Ebbene, una banalissima azione di fact cheking ha dimostrato che:

–          non si trattava di uno studio scientifico in quanto non è mai stato pubblicato da nessuna rivista scientifica indicizzata;

–          si trattava di un’analisi già ampiamente pubblicizzata in passato, semplicemente ripresa nuovamente dai mass-media a caccia di notizie e di polemiche;

–          la ricerca in ogni caso non ha apportato alcun elemento innovativo o prova significativa nel più ampio panorama della letteratura scientifica, e – come vari esperti hanno denunciato – parrebbe gravata da pregiudizio editoriale;

–          il (presunto) articolo del British Medical Journal che riprendeva la ricerca semplicemente non era un articolo del BMJ, bensì un post su un Blog che il BMJ ospita. Blog gestito da chi? Dall’autore della ricerca Australiana, che evidentemente “se le canta e se le suona” da solo…

In poche parole, l’”eclatante” sedicente nuovo studio Australiano fa il paio con l’altrettanto “eclatante” articolo pubblicato su Lancet che 12 anni fa “metteva la parola fine all’omeopatia” – che scarsa originalità… – studio così zeppo di inesattezze nell’interpretazione iniziale dei dati, di errori nel disegno di indagine, di contraddizioni nell’impostazione del lavoro, e di forzature nella selezione dei lavori esaminati, da far impallidire qualunque serio revisore degno di questo nome. Il lavoro di Lancet è stato messo in discussione a più riprese, anche se ovviamente nessun giornalista italiano ha ritenuto di darne notizia, ne tanto meno i detrattori delle medicine complementari hanno trovato alcun argomento valido da contrapporre alle critiche.

Poi, poco tempo dopo, la “notizia” di novembre 2016, dagli USA, su quella che pareva essere una nuova indicazione della Federal Trade Commission (FTC) circa l’efficacia dei farmaci omeopatici: buona parte della stampa italiana ha fatto un gran battage con titoli del tipo “Da oggi negli Stati Uniti sarà obbligatorio scrivere sulle confezioni che l’omeopatia non serve a nulla”. La notizia è stata in questo modo artatatmente distorta, creando grande clamore: invece l’FTC non ha affatto “deliberato” circa l’efficacia delle MNC – tra l’altro trattasi di organismo con competenze meramente regolatorie in campo commerciale e non medico – bensì si è limitata a emanare un comunicato in cui ribadiva quanto già noto e assodato, ovvero che “le indicazioni circa le finalità terapeutiche di un prodotto farmacologico, per essere riportate in confezione, devono essere supportate da evidenze scientifiche” – la nostra “amica” EBM… ne parleremo più avanti – e che “qualora i prodotti omeopatici non posseggano tali evidenze si dovrà specificare sulla confezione che per quanto riguarda indicazioni terapeutiche ed eventuale efficacia il paziente dovrà rifarsi alla tradizione medica omeopatica”. Qual è la novità? Nessuna, ne l’FTC si è pronunciata strictu sensu sull’effciacia dei farmaci: ha semplicemente ribadito un essenziale criterio di trasparenza verso i consumatori, ma da qui al contenuto degli articoli usciti in Italia passa una bella differenza; la stessa che passa tra una persona critica verso le MNC, ma intellettualmente onesta, e un bugiardo matricolato o uno sfacciato strumentalizzatore di professione a corto di argomenti.

Un altro caso recente è lo scambio di tweet Walter Ricciardi – Silvio Garattini, uniti – il primo in particolare, sprezzante del ruolo che ricopre quale Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, istituzionale e quindi super-partes per definizione – nello scagliarsi contro l’ospedale pubblico Petruccoli di Pitigliano (GR), specializzato in terapie con l’utilizzo (anche) di MNC, integrate con la medicina allopatica. La richiesta formulata dai due a mezzo stampa era – niente meno! – di “chiudere tutti gli ambulatori pubblici di omeopatia in Italia in quanto sono un spreco di fondi pubblici e soprattutto prescrivono cure antitumorali ‘alternative’ invece che la chemioterapia”. Il fatto che non sia stato citato alcuno studio di farmacoeconomia a conferma del fatto che investire in MNC sia uno “spreco” – la EBM come noto si tira fuori dal cassetto solo quando serve… – e che nessun ambulatorio pubblico di omeopatia abbia mai consigliato di abbandonare la chemioterapia a favore di farmaci non convenzionali, per questi signori è un dettaglio; che poi un alto dirigente di Ente di controllo sanitario pubblico si “agganci” a una polemica innescata via Twitter dal Direttore di un centro farmacologico privato – che peraltro di fondi pubblici vive – ai danni di una struttura sanitaria sempre pubblica, ebbene, non penso vada commentato oltre.

L’ultima sfacciata bugia, in ordine cronologico, di chi fa della manipolazione dei fatti una “regola”, è la clamorosa “fake news” secondo la quale le medicine complementari “sarebbero in crisi”, vero e proprio mantra con il quale i soliti noti hanno asfissiato i massmedia negli ultimi due anni, laddove invece il già citato Rapporto Italia 2017 Eurispes, reso noto recentemente, conferma che l’Italia è in linea con le tendenze europee sull’aumento della fiducia nei confronti di questi paradigmi medici. Secondo poi i dati del Consozio UE CAMbrella, magistralmente rapprentato per l’Italia dal Dott. Paolo Roberti di Sarsina, e come confermato dai lavori che cito nella bibliografia essenziale in calce a questo articolo, in Europa non meno di 100 milioni di persone fanno regolarmente uso di prestazioni sanitarie di medicine non convenzionali a livello preventivo e curativo, e – con una crescita del + 6,7% rispetto ai dati del 2012, i: l 21,2% della popolazione italiana utilizza attualmente – anche solo saltuariamente – medicinali non convenzionali per curarsi o ritrovare il naturale equilibrio omeostatico dell’organismo al fine di alzare le barriere immunitarie e prevenire le malattie.

Insomma, non una – ribadisco: non una! – di queste prese di posizione critiche, che pure hanno goduto di buona stampa, si è rivelata men che faziosa e totalmente inconsistente. Interessante anche notare l’assenza completa di repliche, perché – come nel caso del presunto “crollo” delle prescrizioni MNC – la tecnica è sempre la medesima: si mette in giro sui mass-media una fake-news, e quando essa viene clamorosamente smentita, invece di fare ammenda o giustificarsi o perlomeno partecipare a un sano contraddittorio, si “sparisce”, cambiando argomento.

Ecco, ho citato tutti questi casi per far riflettere su quanto sia poco onesto intellettualmente l’atteggimento di questi signori, veri e propri “sacerdoti della morale scientifica”…

Restiamo però in tema – per usare un termine di moda negli ultimi mesi – di “non verità”, per analizzare alcuni aspetti di quello che per alcuni è un vero e proprio “mantra”, il “verbo assoluto”: l’Evidence Based Medicine.

Quante volte abbiamo sentito dire: “…la scienza dice che”, “è ridicolo, non è provato scientificamente”,  “se è scritto su PubMed è così! ”, etc…?

Bene, diamo qualche dato sull’EBM sempre dal punto di vista della comunicazione…

1)    almeno il 50% degli studi pubblicati nel settore delle biotecnologie non è ripetibile, e questa potrebbe essere una stima ottimistica. Nel 2012 – ricorda un articolo di “Nature” – i ricercatori dell’azienda biotecnologica “Amgen” hanno scoperto non senza sorpresa che erano in grado di replicare solo 6 dei loro 53 studi oncologici definiti “fondamentali”;

2)    sulla base delle risultanze di una verifica pubblicata su “Nature Reviews Drugs Discovery”, la multinazionale Bayer è riuscita a ripetere solo il 25% di 67 esperimenti altrettanto importanti, sui quali aveva in parte basato le richieste di approvazione alla messa in commercio di una serie di farmaci;

3)    un’ulteriore ricerca ha dimostrato che – nel decennio 2000/2010 – circa 80.000 pazienti hanno partecipato a test clinici basati su studi che poi sono stati “ritrattati” a causa di errori o procedure inappropriate;

4)    l’allora direttrice del British Medical Journal, Dr. sa Fiona Goodle azzardò pochi anni fa un provocatorio ma significativo test: inviò a 200 revisori della rivista, l’uno all’insaputa dell’altro, un articolo contenente – volutamente – 8 errori di analisi e interpretazione: non solo nessuno dei 200 esperti individuò tutti gli errori, ma la desolante media degli errori individuati si fermò a 2;

5)    il biologo e giornalista scientifico John Bohannon ha fatto un altro test, inviando a ben 304 riviste scientifiche indicizzate uno studio sugli effetti di alcuni licheni sulle cellule cancerogene, firmandosi con uno pseudonimo. Ebbene, l’intero studio era totalmente inventato, conteneva errori di progettazione evidenti, e addirittura risultava redatto da un ricercatore di un’Università inesistente. Clamoroso: 157 riviste scientifiche (più della metà) accettarono di pubblicarlo;

6)    l’Università di Edimburgo, ha esaminato nel dettaglio inchieste e sondaggi svolti all’interno della comunità accademica nel ventennio 1988-2008: un poco rassicurante 2% dei ricercatori ha ammesso “di aver falsificato i dati”, mentre il 28% di essi ha confessato di “conoscere personalmente colleghi che hanno utilizzato metodi discutibili durante la progettazione o l’esecuzione dei loro esperimenti”.

Questo significa che l’EBM è da gettare nel cestino? Ma certo che no. Significa solamente che dobbiamo essere ben consapevoli dei suoi limiti.

Nel sostenere a spada tratta la loro “interpetazione” di EBM, questi soggetti poi inconsapevolmente attaccano e criticano anche David Sackett. Chi è Mr. David Sackett? É colui che l’Evidence-Based Medicine, cioè la Medicina Basata sulle Prove di Efficacia, l’ha per primo codificata, e che sosteneva che essa deve basarsi – pur con “pesi” diversi – su 3 pilastri di pensiero:

  1. evidenza “esterna”, ovvero ricerca scientifica;
  2. evidenza “interna”, ovvero l’esperienza dell’operatore, che – se non può essere ancora provata – non significa di per se che non sia vera;
  3. opinione del valore del trattamento dal punto di vista del paziente.

I sacerdoti dell’EBM – perchè di “cieca fede” si tratta, legittima, certamente, ma si sa che la fede ha nulla di scientifico… – si ostinano invece a ignorare il secondo e il terzo di questi pilastri, e utilizzano metodi di ricerca che ben poco si applicano a una professione, quella medica, che si occupa di salute, e non solo di cura dei sintomi. É di tutta evidenza che la medicina è tanto più scientifica, seria, rigorosa e attendibile quanto più aderisce alla considerazione del soggetto particolare, e tanto meno è scientifica quanto più si occupa di collettività considerata in modo aggregato. L’unico modo di realizzare la piena scientificità della medicina è di tener conto che il suo “oggetto” è costituito da “soggetti”, esseri umani da considerare nella loro individualità e particolarità e portatori di una ben precisa storia personale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità per rispondere adeguatamente alle nuove sfide del XXI secolo, la medicina deve concentrarsi sulla salute della persona piuttosto che solo sulla malattia.

In virtù di tutto ciò che ho detto, allora, sarebbe il caso di aprire una più profonda discussione in campo medico, per riflettere sul perimetro di quella che insistentemente viene definita come “verità scientifica”.

Ed ecco un caso di mistificazione, ben descritto nel mio ultimo libro “Salviamo Gian Burrasca”, edito da Terra Nuova Editore – ne parlo con serenità dal momento che gli utili derivanti dai diritti d’autore vengono devoluti in beneficenza – ovvero il caso della Paroxetina, e in particolare, il suo uso in età pediatrica:

Ci si chiede spesso quanto siano attendibili gli studi finanziati dalle case farmaceutiche o condotti da ricercatori che hanno avu- to o hanno incarichi di consulenza presso aziende farmaceutiche. Nel caso della paroxetina e della GlaxoSmithKline, quanto emerso non è rassicurante, come ha spiegato la campagna Giù le mani dai bambini. A confermare la divulgazione di dati non corretti su efficacia e sicurezza del farmaco, utilizzato per il trattamento della depressione anche nei giovanissimi, è stato il British Medical Journal nel 2015 che ha confutato il cosiddetto “studio 329”, pubblicato nel 2001 a firma di 22 ricercatori e che originariamente pareva confermare l’appropriatezza d’uso di questa molecola nei casi di depressione. È emerso che «la ricerca fu redatta da Sally K. Laden, una ghostwriter pagata dalla casa farmaceutica che aveva finanziato la ricerca allo scopo di dimostrare l’efficacia della molecola» si legge nella nota stampa a suo tempo diffusa dalla Campagna. «Ci sono voluti poi 14 anni e la tenacia di validi ricercatori per ribaltare i risultati dello studio e dimostrare che la paroxetina aumenta il rischio di suicidio per i minori che la assumono».

«Dopo lo Studio 329 del 2001, le vendite della paroxetina e di altri psicofarmaci ad azione analoga subirono una fortissima impennata, grazie anche a prescrizioni di medici generici e pediatri, con il risultato che molti adolescenti subirono effetti negativi e alcuni morirono. La paroxetina divenne l’antidepressivo più venduto, con guadagni per centinaia di milioni di dollari e più di due milioni di ricette emesse ogni anno per i soli bambini e adole- scenti» ha commentato Paolo Migone, medico specializzato in psichiatria in Italia e in USA. «Mentre la GlaxoSmithKline continuava a utilizzare lo Studio 329 come dimostrazione dell’efficacia e sicurezza della paroxetina» ha aggiunto Migone, «già nel 2004 la Procura generale di New York denunciò la multinazionale per frode contro i consumatori per aver contraffatto i dati e diffuso informazioni false. La causa si concluse con un accordo: la GSK doveva pagare una multa e si impegnava a pubblicizzare sul suo sito internet i dati effettivi dello Studio 329. Successivamente, anche il Dipartimento di Giustizia americano denunciò la GSK per truffa nei confronti di Medicare e Medicaid, cioè le principali agenzie assicuratrici pubbliche che finanziano la sanità in America, in quanto aveva diffuso affermazioni false o fraudolente. La GSK si dichiarò colpevole e accettò di pagare 3 miliardi di dollari, ovvero la multa più alta comminata a un’azienda farmaceutica nella storia americana».

La GlaxoSmithKline fu quindi definitivamente condannata e obbligata a rendere noti i dati relativi alla paroxetina. Ma come lo fece è un altro capitolo ancora… La multinazionale pubblicò infatti oltre 77.000 pagine di resoconti clinici visibili solo in remoto a video, senza che i files potessero essere scaricati o stampati. Una scelta ridicola e dannosa. Il team guidato dal professor Jon Jureidini dell’Università di Adelaide ha successivamente identificato lo studio finanziato da GlaxoSmithKline come un esempio di un processo autorizzativo da rivedere e, utilizzando documenti in precedenza riservati, ha rianalizzato i dati originali e ha scoperto che quanto all’epoca fornito dalla casa farmaceutica era fortemente fuorviante e che il pericolo per i minori che utilizzano questo psicofarmaco è “clinicamente significativo”

L’articolo pubblicato sul BMJ è stato accompagnato da un editoriale di Fiona Godlee, editor-in-chief della rivista scientifi da un duro intervento di Peter Doshi, editor del giornale, e da altri contributi tra i quali un editoriale di David Henry e Tiffany Fitzpatrick e una ricerca di Ingrid Torjesen sull’aumento di crimini violenti nei giovani che assumono farmaci antidepressivi SSRI, cioè inibitori selettivi del re-uptake della serotonina, categoria farmacologica cui appartengono sia la paroxetina (commercializzata come Daparox, Dropaxin, Eutimil, Sereupin e Seroxat) che l’altrettanto tristemente famoso Prozac, cioè la fluoxetina.

Ebbene, che ruolo hanno i cosiddetti “decisori” in tutto ciò…? Le autorità di controllo sanitario…? Il mondo della politica…? Perché la politica è entrata ed entra tutti i giorni, a gamba tesa, nelle scelte di carattere sanitario e condiziona i sistemi di salute.

La risposta la troviamo in un provocatorio articolo del collega giornalista Alessio Postiglione, per Huffington Post, dal titolo “Perchè eleggiamo cretini per governarci”?

Postiglione afferma che potrebbe sembrare irrispettoso e snob ma, nelle democrazie europee, abbiamo una certa predilezione per votare personaggi le cui biografie non sembrano le più adatte: mentre un tempo la politica era grigia perché era seriosa, ci si aspettava che un politico studiasse i dossier, facesse una gavetta dal quartiere al Parlamento, oggi promuoviamo sul campo maschere carnascialesche.

E’ indubbio che il neo presidente americano, come già Berlusconi o Grillo, seppur non cretini, sono portatori di un linguaggio diverso e spensierato, fatto di “vaffa”, corna, battute sulle donne, che ha definitivamente spazzato via i grigi “professoroni”, il culturame, i sociologismi d’antan.

Il giornalismo si è trasformato di conseguenza, perché i giornalisti seguono il potere, e allora non si riesce più a capire cos’è ragionamento e cosa cabaret…

Secondo l’effetto denominato Dunning-Kruger, le persone intelligenti sono critiche, soprattutto con se stesse, conoscono e a volte sovrastimano i propri limiti; quelle cretine si sentono super sicure, non capendo le loro deficienze. Nella telepolitica, gli elettori premiano l’essere brillanti: ne consegue che selezioniamo i cretini a scapito degli intelligenti. Perché, aggiungo io, l’intelligenza richiede tempo per essere “spiegata”, mentre la politica ama le soluzioni facili… non ho fatto nulla di efficace sul tema dei vaccini per 15 anni? Che problema c’è: faccio un bel Decreto! Ecco, il decreto vaccini è l’esatta cartina di tornasole del fallimento della classe politica italiana nel costruire percorsi di salute basati su una corretta  programmazione sanitaria.

Poi, cretini selezioneranno altri cretini. Un politico cretino non ha nessuna voglia né la capacità di affrontare i temi secondo un sistema analitico. Le decisioni verranno assunte “cavandosela”

In questo contesto, non servono consulenti politici, ma yesman, igieniste dentali e altre figure ancillari che non disturbano il manovratore. Il loro conformismo sarà il successo della loro carriera.

Il politico imbecille governa male, contro gli interessi di tutti ma, grazie al ciclo politico elettorale, mettendosi regalare favori prima delle elezioni, verrà rieletto.

È allora la democrazia da buttare? No. È una pessima forma di governo, ma la migliore di quelle disponibili, diceva qualcuno. Per funzionare avrebbe bisogno che tutti avessimo le informazioni giuste. Dieci anni fa speravamo in Internet, ma è andata diversamente. La disinformazione indotta dagli algoritmi di Facebook, che censurano le opinioni che non ci “piacciono”, rinforzando i nostri pregiudizi, dimostrano che la rivoluzione del web è in parte fallita.

Il futuro della democrazia si gioca sulla qualità di informazioni corrette che sia politici che elettori avranno a disposizione. Come rendere democraticamente disponibili queste informazioni è la sfida per combattere i cretini.

Ed è proprio pensando al concetto di “verità” che mi avvio a concludere:

Il Vangelo di Giovanni, scritto in tarda età, è la summa delle riflessioni che l’avevano segnato per tutta la vita, e dice: “In principio era il Verbo (Logos), e il Verbo era presso Dio, e il Verbo ERA Dio”. Il Verbo è anche Verità e Vita.

Negli ultimi due millenni, tutta la ricerca di una dimensione spirituale dell’uomo, e quindi del senso e del valore della vita, del significato della morte, della nozione di bene e di male, ha ruotato attorno al sillogismo di Giovanni sul Verbo.

La storia ha poi ampiamente dimostrato tutte le aberrazioni che la mente umana è stata capace di produrre “sfornando orrori”, e l’esperienza della cultura giudaico-cristiana non è certo stata da meno di tutte le altre, musulmana, buddista, induista; ma questo è un altro discorso.

Nell’individuare il valore per ognuno dell’Essere trascendente, ogni persona dispone di risorse cognitive diverse, di un diverso grado di libertà, di condizionamenti dettati dall’ambiente esterno, dai pregiudizi, dalla propria formazione. Ma la ricerca di una qualche Verità, è praticata – consciamente o meno – da chiunque, magari con rimozioni e negazioni immediate.

Ecco allora dove voglio arrivare: anche chi non crede, non potrà negare che tra tutti i Valori dell’uomo, la Verità appare quello più centrale, sia per chi ha fede come per chi non ne ha.

Volente o nolente, tutti – cittadini, medici, filosofi, scienziati, giudici, operatori dell’informazione – cerchiamo di “tendere verso la Verità”, operando scelte e compromessi continui, guidati purtroppo più dalla convenienza della vita terrena che non dalle categorie “alte” dello Spirito.

Le società moderne si evolvono solo a condizione che sia dia per assodato che i fatti (A) devono essere descritti con equilibrio (B) devono essere documentati pubblicamente, e (C) devono tendere alla verità. Il concetto di “Verità dell’informazione” è infatti la base indispensabile dello Stato di diritto: dove non c’è verità, non vi è responsabilità politica – la responsabilità non è mai di nessuno, non si sa di chi sia – e quindi non vi è “salute dello Stato”, si ha uno Stato malato nel profondo, ed è questo il caso dell’Italia negli ultimi anni.

Il dibattito allora conta se riesce – ricercando la Verità – a “far parlare i fatti”, per poi costruire in modo equilibrato le opinioni di ognuno, anche magari divergenti. Questo non sta accadendo ad esempio sulla questione vaccini.

Ebbene, nel mondo della sanità e della medicina, c’è sistematica *negazione della Verità*, c’è disinformazione, non solo individuale, ma sempre più spesso organizzata, e persino “finanziata” da gruppi di pressione e di interesse.

Nella Medicina molti sono spinti non dall’interesse a guarire il malato, bensì dall’interesse a perpetuare la malattia, costruendo artatamente un paradigma di salute poggiato su bugie, su falsità, ma così ben “decorato” dal punto di vista estetico, da apparire l’unico paradigma possibile, o perlomeno l’unico percorribile: proprio quello che invece lo è meno e che sta condannando il pianeta al disastro e alla patologia cronica, e, in quanto cronica, data ormai serenamente per scontata.

Dobbiamo prendere lezioni forse dall’arroganza da una certa medicina, con i suoi 250.000 morti all’anno per effetti collaterali a causa di farmaci somministrati con leggerezza o impropriamente e per malepratiche sanitarie? Dobbiamo prendere lezioni da quelle case farmaceutiche che per solo scopo di lucro immettono sul mercato psicofarmaci come la Paroxetina, consci del fatto che stimola idee suicidarie su bambini e adolescenti, e ostacolano poi deliberatemente la giustizia quando si scopre che gli studi scientifici alla base dell’autorizzazione alla messa in commercio erano stati manipolati? O forse dobbiamo prendere lezioni dall’Agenzia Italiana del Farmaco, che a distanza di 2 anni dalla questa scoperta agghiacciante, ammette candidamente in una corrispondenza con il Ministero della Salute italiano di “non aver ritenuto di far nulla” per allertare le famiglie relativamente a questo vergognoso scandalo? C’è voluto un nuovo Presidente dell’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, persona degnissima, per sbloccare la cosa, proprio 2 settimane fa.

Lancio una provocazione: coloro che criticano chi pensa con la propria testa, faccia una ricerca scientifica importante: quella sugli abomini delle pratiche mediche mainstream, totalmente disumanizzate, e sui disastri perpetrati da questi signori che salgono in cattedra per poi dare il loro quotidiano e sistematico contributo alla distruzione dei delicati equilibri dell’ambiente nel quale tutti viviamo.

Ebbene, dobbiamo essere diversi, o perlomeno impegnarci ad essere diversi

Dobbiamo passare oltre a quei processi cognitivi che vorrebbero una Verità soggettiva, prestata a questo o quell’interesse, deformata, alterata per le più diverse convenienze, e impegnarci a cercare, costruire, narrare, una Verità che in quanto oggettiva è lapalissiana, chiara, cristallina: ovvero che l’Uomo è al centro dei processi di salute, e la Medicina o è centrata sulla Persona o semplicemente non è Medicina; è vendita di prestazioni, è mercato, è un’altra cosa, e non ci interessa più, esce necessariamente dal perimetro dello sguardo del Medico.

Dobbiamo accantonare per un attimo le pur significative differenze che ci contraddistinguono e impegnarci con molta più energia per stimolare un “risveglio” di almeno qualche coscienza, generando – come mi ha insegnato anni fa il mio fraterno amico Dott. Paolo Roberti di Sarsina – la più bella delle epidemie, la più mirabile e straordinaria delle “malattie”: un’epidemia di consapevolezza, ed eventi come quello di oggi servono proprio a questo.

Lavoriamo tutti assieme, tutto coloro che per i più diversi motivi credono nella necessità di raffermare la Verità, perché semmai riusciremo a raggiungere anche solo in parte questi obiettivi, potremo farlo solo essendo coesi.

E se vi riusciremo, ci sarà da andarne davvero fieri. Perché solo affermando queste Verità potremo dare un contributo a cambiare il mondo e a far crescere il Pianeta.

Prendo a prestito – per concludere – la riflessione dell’economista David Fell.

“It looks like a hierarchy, but it is in fact a pile of sand. Above the pile, obviously, is a grain of sand, falling in the direction of the arrow. Mathematicians, whose names regretfully escape me, wanted to know if they could predict what would happen for any given grain of sand: would it cause some sort of landslide? And, if so, how big? After no doubt thousands of hours of experiment, and a no doubt similar amount of time doing maths, they demonstrated conclusively that it is formally impossible to know what will happen: it is a partially chaotic, complex system. The implication of the sandpile experiment for anyone else working with the hope of producing a dramatic change in how things are – is rather sobering: there is no way of knowing whether the efforts you are making will cause a big landslide or a tiny one.

HOWEVER – one other thing you can be sure of is – there cannot be a landslide unless there is a pile.

Gandhi put it thus: “Whatever you do will be insignificant, but it is very important that you do it.“

You may not be the one that causes the ‘big one’; but unless you’re in the pile, then there is no chance at all”

Immaginiamo un mucchio di sabbia; sopra la pila, un granello, che cade verso il basso. Un team di matematici voleva sapere se fosse stato possibile prevedere cosa sarebbe successo aggiungendo appunto un granello di sabbia sulla cima: causerebbe una sorta di frana? E, se sì, quanto grande?

Dopo migliaia di ore di sperimentazione, e una grande quantità di calcoli matematici, hanno definitivamente dimostrato che è impossibile sapere cosa accadrà, perchè la realtà è un sistema parzialmente caotico e comunque complesso.

L’implicazione di questo esperimento detto “del mucchio di sabbia”, per chiunque lavori con la speranza di produrre un drastico cambiamento nel modo in cui stanno le cose, è piuttosto deludente: non c’è modo di sapere oggi con certezza se gli sforzi concreti che si stanno facendo causeranno una grande frana o un minuscolo movimento.

Tuttavia, c’è un’altra cosa di cui si può essere certi: non può esserci alcuna frana se prima non ci si è occupati di accumulare un mucchio di sabbia; se il granello cade sul nulla, è ininfluente, se cade su qualcosa… forse qualcosa può cambiare.

Per questo il Mahatma Gandhi disse: “Qualunque cosa tu faccia sarà forse insignificante; ma la cosa importante è che tu la faccia”.

Potrebbe non essere quell’esatta cosa – quello specifico granello di sabbia – che causerà la “grande frana”; ma se non sei dentro il mucchio di sabbia, non vi sarà alcuna possibilità che ciò accada. Per questo dobbiamo essere parte dell’equazione.

Un’antica favola Swaili, raccontata in una delle sue ultime interviste dalla donna Premio Nobel Wangari Maathai, racconta di una foresta in fiamme. Il Re leone scappa, con tutte le altre bestie, e vedendo un piccolo Colibrì che controcorrente, con fatica, vola proprio verso l’incendio, gli urla: “Cosa pensi di fare con il tuo inutile volo…?”. E il colibrì gli dice: “Cerco di spegnere l’incendio”. Il Leone allora lo deride, e gli dice “…Con una sola goccia d’acqua nel becco…?”. E il colibrì, senza smettere di volare verso l’incendio, gli risponde: “Io faccio la mia parte”.

Bene, cerchiamo di fare tutti la propria parte, e grazie quindi per essere stati qui oggi.

 

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