L’epica frase di trent’anni fa del direttore d’una industria farmaceutica, Henry Gadsen, introduce il clima del convegno nazionale sul tema del “disease mongering”, tecnica con cui si creano patologie a tavolino per vendere più farmaci.
Fonte: Lifegate
Inventano “malattie”, ne ridefiniscono i confini, promuovono un marketing dei farmaci aggressivo: comportamenti analizzati, insieme a case-history d’attualità quali l’influenza A e la sindrome da iperattività e deficit di attenzione, dal convegno nazionale ‘Giù le mani dai bambini’ a Palazzo Tursi, organizzato a Genova l’1 ottobre 2009 con la rivista ‘Diagnosi & Terapia’ e il patrocinio di Regione Liguria, Provincia e Comune di Genova, Federazione Nazionale Ordini dei Medici ed Ordine dei Medici di Genova.
Dopo alcuni “flash” del recente documentario di Rai 3 “Inventori di Malattie”, i relatori hanno esaminato la pratica del “disease mongering”, la tecnica di marketing che prevede l’invenzione a tavolino di malattie al fine di vendere “blockbuster” farmaceutici sempre più presenti negli armadietti dei medicinali di ogni famiglia della penisola, che è – per numeri assoluti – il 5° mercato farmaceutico al mondo. Ecco, in sintesi, cos’è stato detto.
“L’iperattività è una case history di marketing su cui dobbiamo interrogarci, dato che siamo arrivati ad oltre venti milioni di ricette di metanfetamine all’anno con un giro di affari da miliardi di dollari. Esistono prodotti Ritalin-simili, di origine naturale, di comprovata efficacia e con bassissimi profili di rischio, ma dato che non sono brevettabili e quindi non si può ‘proteggere’ l’investimento, nessuno fa ricerca su queste molecole, penalizzando i piccoli pazienti: perché allora non ci pensa il Ministero della Salute?”
– Stefano Scoglio, esperto nutrizionista e ricercatore, ha esaminato il caso dell’ADHD, la sindrome dei bimbi agitati e distratti, curata con gli psicofarmaci.
“Il ruolo di controllo delle associazioni rappresentative della società civile come Giù le Mani dai Bambini è riconosciuto ed accettato dalle istituzioni pubbliche di molti paesi del mondo, tranne in Italia, dove è ancora visto con diffidenza. Ma le ‘lobby bianche’ devono fare fronte comune: le multinazionali del farmaco hanno strutture di PR e marketing efficientissime e sono presenti costantemente nei corridoi delle istituzioni che contano, e chi ambisce a contrastare queste pratiche di business troppo aggressive deve imparare ad organizzarsi quanto più possibile”.
– Alfonso Pecoraro Scanio, presidente della Fondazione “Università Verde”, ospite inatteso del convegno.
“I farmaci salvano vite e hanno allungato le aspettative di esistenza dell’uomo nell’ultimo secolo, ma non c’è a di nuovo quando parliamo di pressioni del marketing farmaceutico su noi medici, è giusto approfondire oggi ma scopriamo un po’ l’acqua calda. Piuttosto riflettiamo sulla crisi identitaria di una certa classe medica, in particolare della neuropsichiatria infantile: è mai possibile che solamente il sollevare questi argomenti eticamente sensibili susciti reazioni forti e contrarie?” Nonnis ha anche commentato la case history del Disordine Disforico da Deficit Ansiogeno da Consunzione di Attenzione Sociale , una finta malattia – con tanto di Havidol®, un farmaco fittizio per curarla e sito internet per promozionarla – inventata provocatoriamente da un suo collega medico: “La verità è che noi medici siamo così bombardati di informazioni che a volte non sappiamo e non possiamo più distinguere tra quello che è marketing e quello che è vera scienza”.
– Enrico Nonnis, psichiatra del Direttivo nazionale Psichiatria Democratica.
“La salute è un’industria, fa gola a molti, e la pressione delle aziende farmaceutiche è certamente forte. L’iperattività ad esempio è stata descritta come una patologia frequente con un farmaco miracoloso che la cura: ma io come pediatra di famiglia dico che non esiste solo il disagio, esiste innanzitutto il bambino, ed ogni bambino è diverso da un altro, ed ogni approccio terapeutico quindi dev’essere diverso dall’altro. Ora le sirene dell’industria cercano di rivolgersi non solo più al medico, ma direttamente ai malati. Il disease mongering esiste, eccome, ed a volte noi medici neppure conosciamo questi meccanismi: ai colleghi più giovani ricordo che non esiste solo la scienza medica, c’è anche una scienza del marketing”.
– Alberto Ferrando, pediatra e Vice-Presidente dell’Ordine dei Medici, in un video-intervento.
“E’ il sistema che è inquinato alla base: invece di intervenire per curare, pare che a volte l’obiettivo sia quello di creare surrettiziamente malessere, al fine di proporre poi soluzioni pronte per risolverlo, possibilmente che rendano molto denaro. A un’amica di mia figlia, di appena 11 anni, hanno somministrato gli ormoni della crescita perché non era ancora formata come le sue compagne. Una follia. Da medico contesto scelte come questa, da comunicatore percepisco l’ombra delle pressioni dell’industria, che condiziona surrettiziamente certe scelte di tutti i giorni di medici e genitori”.
– Federico Mereta, medico e giornalista.
“Ho la sensazione che siamo dinnanzi ad una complessa ed articolata strategia per il condizionamento del mercato della salute: la definirei un ‘ipnosi dolce’, che mira a convincere gli individui circa l’utilità incondizionata del farmaco. Non è più il dottore che cura il paziente, ma è solo il farmaco che lo cura: allora noi medici siamo diventati esclusivamente distributori di ricette?”
– Emilia Costa, 1a Cattedra Psichiatria all’Università “La Sapienza” di Roma.
“Tre quarti dei colleghi che hanno redatto il catalogo diagnostico delle malattie mentali (DSM) hanno rapporti finanziari con le case farmaceutiche, più del 90% della ricerca scientifica è finanziato dall’industria, e oltre la metà del budget dell’Agenzia Europea del Farmaco è garantito dai produttori: ma di cosa dobbiamo parlare? Allora quello che io auspico è una pandemia, certamente, ma di consapevolezza”.
– Paolo Roberti di Sarsina, dirigente di psichiatria ed esperto del Consiglio Superiore di Sanità
“Il problema non sono le industrie che spingono alla follia sulle leve del marketing per svuotare i magazzini di vaccini contro l’influenza A: il problema sono gli stati che ne acquistano decine di milioni di dosi. Cosa possiamo fare noi medici? Dare segnali chiari: rinunciare ad omaggi e regalie, privilegiare corsi di formazione non sponsorizzati dalle industrie, dichiarare sempre – se esistono – i legami finanziari con i produttori, richiedere a gran voce la pubblicazione delle ricerche scientifiche sui farmaci anche se hanno avuto esito negativo”.
– Franco De Luca, medico ed autore del libro “Bambini e (troppe) malattie”
“Un recente rapporto di Business Insights, una delle più note riviste destinate ai dirigenti del settore pharma, dice che la capacità di ‘creare mercati per nuove malattie si traduce in vendite’ e che ‘una delle migliori strategie consiste nel cambiare il modo in cui la gente percepisce i propri disturbi’. Li si deve convincere che i problemi accettati fino ad oggi come un fastidio sono ora ‘degni di un intervento medico’. Il rapporto mostra un notevole ottimismo in relazione al futuro finanziario dell’industria farmaceutica: gli anni futuri saranno i testimoni privilegiati della creazione di malattie patrocinate dalle industrie”
– Luca Poma, chairperson dell’evento, giornalista, esperto di comunicazione del settore pharma e portavoce di “Giù le Mani dai Bambini®”, il Comitato di università, ordini dei medici ed associazioni di promozione sociale divenuto famoso per la battaglia contro l’abuso di psicofarmaci sui bambini.