Il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, una bibbia per la psichiatria, ripudiata dalle istituzioni statunitensi
Di: “Mazzetta” – Fonte: giornalettismo.it
La medicalizzazione psichiatrica è andata troppo oltre, occorre ricominciare da capo con standard più rigorosi.
DATI INCREDIBILI – Nessuno può credere che l’undici per cento dei bambini americani soffrano della sindrome dell’ADHD ( Attention deficit-hyperactivity disorder o Sindrome da deficit di attenzione e iperattività), eppure questa è la percentuale di bambini trattati con una serie di psicofarmaci specifici per trattare questa sindrome, i sintomi della quale sono del tutto sovrapponibili alle descrizioni delle piccole pesti, come dei bambini vivaci d’ogni epoca. Il sospetto fondato sui numeri è che partendo da un numero di casi limitati si sia costruita l’immagine di una patologia capace di essere proiettata senza problemi su buona parte della popolazione sana.
LA BIBBIA DEI MATTI – La fonte più autorevole alla quale attingere per conoscere quali siano i sintomi di questa e di tutte le malattie psichiatriche o disagi psicologici, è il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, redatto dall’American Psychiatric Association (APA), che sta per essere presentato nella sua quinta edizione al congresso dell’APA che si terrà a San Francisco dal 15 al 18 maggio. Il testo, che esce aggiornato dopo circa un decennio dalla precedente edizione, contiene l’elenco e la descrizione di 450 “disordini mentali”, dei loro sintomi e delle cure conosciute. Il manuale è la Bibbia della psichiatria, negli Stati Uniti come in molti altri paesi e spesso rappresenta l’unico testo al quale fanno riferimento le istituzioni e le assicurazioni insieme a un testo analogo edito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con gli stessi criteri e considerato.
LO ASPETTAVANO AL VARCO – Il DSM però è da tempo oggetto di feroci critiche, sia per l’apparente tendenza dell’APA a inflazionare il numero delle patologie, che per la qualità sempre insufficiente di alcune novità. L’accusa, nemmeno tanto velata, è che gli psichiatri abbiano la tendenza inconscia ad ampliare il loro mercato e che questa tendenza sia alimentata dalle case farmaceutiche, che negli Stati Uniti vendono psicofarmaci in quantità imparagonabili con il resto del mondo. L’idea che gli americani soffrano molto di più i disordini mentali del resto del mondo va dismessa considerando la grande varietà genetica della sua popolazione, così com’è da escludere che nel resto dei paesi con caratteristiche e stili di vita simili ci siano legioni di malati che nessuno cura e nessuno conosce. Il divario è talmente evidente ed enorme che da tempo cresce con costanza il peso della fronda anti-psichiatrica, sia negli Stati Uniti che nei paesi dove al traino della diffusione della Bibbia arrivano anche malattie e relative medicine. Lo psicoterapista Gary Greenberg, di New London, Connecticut, ha scritto contro il DSM per più di un decennio e quando vuole riassumere il punto scrive che i “disordini” elencati nel DSM sono “semplici raccolte di sintomi che alcuni esperti sono d’accordo nel definire malattie mentali. Non c’è una sola diagnosi nel DSM che rispetti gli standard medici per le altre malattie“. Si potrà dire che le malattie mentali diverse dalle altre, ma è evidente che non è possibile, ancora prima che “scientifico”, definire e identificare tutte le malattie mentali attraverso questo procedimento e per converso è ugualmente impossibile, tanto che nella pratica gli stessi medici che seguono il DSM lo prendono con beneficio d’inventario e ne colgono facilmente limiti e contraddizioni intrinseche nella loro pratica quotidiana.
LA SCONFESSIONE DEFINITIVA – Ora, a spostare verso l’altro il livello dello scontro è stata un’agenzia dello United States Department of Health and Human Services, il National Institute of Mental Health, che è la massima istituzione pubblica in materia e anche la più grande organizzazione scientifica nel mondo che si dedica alla materia. Proprio pochi giorni prima della pubblicazione del DSM5, il NIMH ha annunciato per bocca del direttore che ha l’intenzione di “superare” il DSM adottando uno strumento fondato su principi diversi e più rigorosi nella classificazione delle condizioni mentali. L’agenzia abbandonerà l’approccio diagnostico fondato sui sintomi verso standard più scientifici e verificabili. Già in questa riga c’è la condanna di uno strumento a lungo ritenuto incontestabile, ma che è stato ampiamente ed evidentemente abusato e ampliato con poco rispetto per la scientificità e anche per l’etica. Un annuncio che significa incidentalmente il pubblico ripudio da parte delle istituzioni statunitensi del DSM e della sua autorità
VERSO UN APPROCCIO PIU’ SCIENTIFICO – Thomas Insel, il suo direttore, ha spiegato che allontanandosi dall’approccio del DSM i ricercatori saranno in grado di costruire un sistema diagnostico basato sui dati scientifici emergenti: “Diversamente dalle nostre definizioni dell’ischemia, del linfoma o dell’AIDS, la diagnosi del DSM sono basate sul consenso attorno a pacchetti di sintomi clinici, nessuna misura di laboratorio obiettiva. I pazienti con disordini mentali meritano di meglio”. NIMH sta lanciando un progetto denominato Research Domain Criteria e disegnato per raccogliere i dati necessari a un nuovo sistema di classificazione usando la genetica, le scienze cognitive e altre tecniche e studi a supporto per riscrivere le attuali categorie. Un “research framework” più che un metodo già fissato, che prelude a un lavoro che richiederà anni prima di poter essere adottato come strumento clinico, ma è un primo passo che ormai era diventato necessario intraprendere, stanti le evidenti debolezze scientifiche del DSM, che rendono necessario dotarsi di uno strumento più preciso.
FINE DI UN’EPOCA? – L’iniziativa del NIMHha già avuto un effetto importante, perché il fatto che l’istituzione pubblica di riferimento richiami all’adozione di criteri più scientifici e bolli come insufficienti quelli sui quali si fonda la Bibbia del settore, è già un formidabile campanello d’allarme per chiunque, paziente, medico o istituzione pubblica, sia chiamato a considerare le conclusioni del manuale, la loro autorità e fondatezza. Milioni di persone continueranno ad essere curate per anni con il DSM e buona parte di queste saranno curate per malattie che forse non esistono neppure in quanto patologie, ma solo come comportamenti umani, magari sgradevoli o sgraditi, che qualcuno ha pensato bene d’identificare come patologici e di “curare”, in buona o malafede poco importa, si tratta comunque di numeri enormi di casi individuali che rischiano di vedersi classificati come malati di mente e medicalizzati inutilmente, se non abusivamente.
MILIARDI DI VITE E DI DOLLARI IN GIOCO – Come ha spiegato Allen Frances, che ha presieduto la squadra che ha redatto l’edizione precedente: “Questa non è solo una questione interna alla psichiatria. Ha un enorme impatto su come le vite sono vissute, su come i dollari per la salute mentale sono spesi e sulla salute pubblica nel nostro paese” e oltre, visto che il DSM è comunque un fondamentale testo di riferimento in moltissimi paesi e per la maggioranza dei medici nel mondo. Allen ha appena pubblicato Saving Normal: An Insider’s Revolt Against Out-of-Control Psychiatric Diagnosis, DSM-5, Big Pharma, and the Medicalization of Ordinary Life (Salvare il normale: la rivolta di un insider contro la diagnosi psichiatrica fuori controllo, DSM-5, Big Pharma e la medicalizzazione della vita quotidiana), un titolo che è già molto esplicito e che pone l’accento, oltre agli interessi economici di un mondo, che va dalle assicurazioni alle case farmaceutiche passando per i medici e le associazioni professionali, sulla vera e tragica emergenza rappresentata dal dilagare della medicalizzazione fondata su conclusioni contenute nel DSM, che oltre a rischiare di non curare al meglio i malati, minaccia in tutta evidenza i sani. Una minaccia subdola e danni enormi, perché cambiare le vite delle persone su questi presupposti, mettendole inutilmente a regime di psicofarmaci anche in tenera età, è un delitto grave ai danni di una platea enorme di persone e dei loro familiari.
LA BIBBIA DEI MATTI – La fonte più autorevole alla quale attingere per conoscere quali siano i sintomi di questa e di tutte le malattie psichiatriche o disagi psicologici, è il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, redatto dall’American Psychiatric Association (APA), che sta per essere presentato nella sua quinta edizione al congresso dell’APA che si terrà a San Francisco dal 15 al 18 maggio. Il testo, che esce aggiornato dopo circa un decennio dalla precedente edizione, contiene l’elenco e la descrizione di 450 “disordini mentali”, dei loro sintomi e delle cure conosciute. Il manuale è la Bibbia della psichiatria, negli Stati Uniti come in molti altri paesi e spesso rappresenta l’unico testo al quale fanno riferimento le istituzioni e le assicurazioni insieme a un testo analogo edito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità con gli stessi criteri e considerato.
LO ASPETTAVANO AL VARCO – Il DSM però è da tempo oggetto di feroci critiche, sia per l’apparente tendenza dell’APA a inflazionare il numero delle patologie, che per la qualità sempre insufficiente di alcune novità. L’accusa, nemmeno tanto velata, è che gli psichiatri abbiano la tendenza inconscia ad ampliare il loro mercato e che questa tendenza sia alimentata dalle case farmaceutiche, che negli Stati Uniti vendono psicofarmaci in quantità imparagonabili con il resto del mondo. L’idea che gli americani soffrano molto di più i disordini mentali del resto del mondo va dismessa considerando la grande varietà genetica della sua popolazione, così com’è da escludere che nel resto dei paesi con caratteristiche e stili di vita simili ci siano legioni di malati che nessuno cura e nessuno conosce. Il divario è talmente evidente ed enorme che da tempo cresce con costanza il peso della fronda anti-psichiatrica, sia negli Stati Uniti che nei paesi dove al traino della diffusione della Bibbia arrivano anche malattie e relative medicine. Lo psicoterapista Gary Greenberg, di New London, Connecticut, ha scritto contro il DSM per più di un decennio e quando vuole riassumere il punto scrive che i “disordini” elencati nel DSM sono “semplici raccolte di sintomi che alcuni esperti sono d’accordo nel definire malattie mentali. Non c’è una sola diagnosi nel DSM che rispetti gli standard medici per le altre malattie“. Si potrà dire che le malattie mentali diverse dalle altre, ma è evidente che non è possibile, ancora prima che “scientifico”, definire e identificare tutte le malattie mentali attraverso questo procedimento e per converso è ugualmente impossibile, tanto che nella pratica gli stessi medici che seguono il DSM lo prendono con beneficio d’inventario e ne colgono facilmente limiti e contraddizioni intrinseche nella loro pratica quotidiana.
LA SCONFESSIONE DEFINITIVA – Ora, a spostare verso l’altro il livello dello scontro è stata un’agenzia dello United States Department of Health and Human Services, il National Institute of Mental Health, che è la massima istituzione pubblica in materia e anche la più grande organizzazione scientifica nel mondo che si dedica alla materia. Proprio pochi giorni prima della pubblicazione del DSM5, il NIMH ha annunciato per bocca del direttore che ha l’intenzione di “superare” il DSM adottando uno strumento fondato su principi diversi e più rigorosi nella classificazione delle condizioni mentali. L’agenzia abbandonerà l’approccio diagnostico fondato sui sintomi verso standard più scientifici e verificabili. Già in questa riga c’è la condanna di uno strumento a lungo ritenuto incontestabile, ma che è stato ampiamente ed evidentemente abusato e ampliato con poco rispetto per la scientificità e anche per l’etica. Un annuncio che significa incidentalmente il pubblico ripudio da parte delle istituzioni statunitensi del DSM e della sua autorità
VERSO UN APPROCCIO PIU’ SCIENTIFICO – Thomas Insel, il suo direttore, ha spiegato che allontanandosi dall’approccio del DSM i ricercatori saranno in grado di costruire un sistema diagnostico basato sui dati scientifici emergenti: “Diversamente dalle nostre definizioni dell’ischemia, del linfoma o dell’AIDS, la diagnosi del DSM sono basate sul consenso attorno a pacchetti di sintomi clinici, nessuna misura di laboratorio obiettiva. I pazienti con disordini mentali meritano di meglio”. NIMH sta lanciando un progetto denominato Research Domain Criteria e disegnato per raccogliere i dati necessari a un nuovo sistema di classificazione usando la genetica, le scienze cognitive e altre tecniche e studi a supporto per riscrivere le attuali categorie. Un “research framework” più che un metodo già fissato, che prelude a un lavoro che richiederà anni prima di poter essere adottato come strumento clinico, ma è un primo passo che ormai era diventato necessario intraprendere, stanti le evidenti debolezze scientifiche del DSM, che rendono necessario dotarsi di uno strumento più preciso.
FINE DI UN’EPOCA? – L’iniziativa del NIMHha già avuto un effetto importante, perché il fatto che l’istituzione pubblica di riferimento richiami all’adozione di criteri più scientifici e bolli come insufficienti quelli sui quali si fonda la Bibbia del settore, è già un formidabile campanello d’allarme per chiunque, paziente, medico o istituzione pubblica, sia chiamato a considerare le conclusioni del manuale, la loro autorità e fondatezza. Milioni di persone continueranno ad essere curate per anni con il DSM e buona parte di queste saranno curate per malattie che forse non esistono neppure in quanto patologie, ma solo come comportamenti umani, magari sgradevoli o sgraditi, che qualcuno ha pensato bene d’identificare come patologici e di “curare”, in buona o malafede poco importa, si tratta comunque di numeri enormi di casi individuali che rischiano di vedersi classificati come malati di mente e medicalizzati inutilmente, se non abusivamente.
MILIARDI DI VITE E DI DOLLARI IN GIOCO – Come ha spiegato Allen Frances, che ha presieduto la squadra che ha redatto l’edizione precedente: “Questa non è solo una questione interna alla psichiatria. Ha un enorme impatto su come le vite sono vissute, su come i dollari per la salute mentale sono spesi e sulla salute pubblica nel nostro paese” e oltre, visto che il DSM è comunque un fondamentale testo di riferimento in moltissimi paesi e per la maggioranza dei medici nel mondo. Allen ha appena pubblicato Saving Normal: An Insider’s Revolt Against Out-of-Control Psychiatric Diagnosis, DSM-5, Big Pharma, and the Medicalization of Ordinary Life (Salvare il normale: la rivolta di un insider contro la diagnosi psichiatrica fuori controllo, DSM-5, Big Pharma e la medicalizzazione della vita quotidiana), un titolo che è già molto esplicito e che pone l’accento, oltre agli interessi economici di un mondo, che va dalle assicurazioni alle case farmaceutiche passando per i medici e le associazioni professionali, sulla vera e tragica emergenza rappresentata dal dilagare della medicalizzazione fondata su conclusioni contenute nel DSM, che oltre a rischiare di non curare al meglio i malati, minaccia in tutta evidenza i sani. Una minaccia subdola e danni enormi, perché cambiare le vite delle persone su questi presupposti, mettendole inutilmente a regime di psicofarmaci anche in tenera età, è un delitto grave ai danni di una platea enorme di persone e dei loro familiari.