Di Roberto Gava – Fonte: Il Fatto Quotidiano
In questi ultimi anni sono emerse evidenze scientifiche che riaprono il grande dibattito sull’uso estensivo e facilitato degli psicofarmaci in età pediatrica. Infatti, gli antipsicotici di seconda generazione (SGA) sono sempre più utilizzati (il loro uso è quasi triplicato negli ultimi 15 anni) per il trattamento di bambini e adolescenti condisturbi comportamentali.
Nell’agosto 2008 l’European College of Neuro-psychopharmacologyha convocato un gruppo di esperti per esaminare i dati di efficacia e sicurezza di questi farmaci. Studi controllati supportano l’efficacia abreve termine di alcuni SGA solo per il trattamento di psicosi, mania e aggressione, ma essi vengono usati in modo molto più esteso, nonostante si sappia che sono gravati da pesanti reazioni avverse, verso le quali i bambini sono più a rischio degli adulti, e nonostante non si sappia nulla del loro rapporto rischio/beneficio nel trattamento a lungo termine.
Ultimamente sono molto aumentate anche le prescrizioni di psicofarmaci a bambini ai quali è stata diagnosticata la sindrome daiperattività e deficit di attenzione (ADHD), un disturbo che pare avere alla sua origine molti fattori scatenanti, come quelli familiari, ambientali, tossicologici e anche farmacologici, dato che un recente studio correla l’ADHD con l’assunzione materna di antidepressivi in gravidanza.
In realtà, la stragrande maggioranza dei bambini iperattivi e condeficit di attenzione non ha bisogno di psicofarmaci, ma solo di più tempo, attenzione, pazienza e amore da parte prima di tutto dei genitori e poi degli insegnanti. Scrive la Dott.ssa EleonoraMazza, psicologa dell’età evolutiva: “Attualmente sento frequentemente usare la parola ‘iperattività’ e credo personalmente che spesso si abusi di tale definizione. Basta infatti che un bambino fatichi a stare seduto a lungo, si muova con vivacità nel suo ambiente o tenda a infrangere le regole che viene subito etichettato come ‘bambino iperattivo’. È bene sottolineare che i bambini con ADHD hanno dei sintomi ben definiti in termini di quantità e qualità e non vanno confusi con bambini ipereccitabili, irrequieti o semplicemente vivaci”. Infatti, se consideriamo solo i sintomi, quasi tutti i bambini presentano nel corso dell’infanzia alcuni comportamenti da ADHD senza però esserne realmente affetti.
Continua la Dott.ssa Mazza: “Esistono bambini considerati ‘difficili’ dai genitori e dagli insegnati che vivono in contesti familiari complessi o che stanno affrontando separazioni, lutti o traumi. Non tutti i bambini manifestano la sofferenza allo stesso modo: alcuni si chiudono in se stessi e passano inosservati… altri invece diventano ipereccitabili, irrequieti, provocatori e distratti. Questi ultimi attirano l’attenzione perché disturbano… Ritengo quindi che i bambini con ADHD ‘pura’, quelli cioè che non vivono in situazioni relazionali complesse, costituiscano una popolazione esigua”.
Infatti, come sempre in Medicina e in modo particolare in Neuropsichiatria Infantile, non dobbiamo fermarci ai semplici sintomi del bambino, ma chiederci cosa li origina. Non è sufficiente organizzare corsi di formazione per insegnanti per far conoscere i criteri diagnostici dei disturbi dell’età evolutiva e suggerire un intervento farmacologico, ma occorre insegnare loro a prevenirne e rimuoverne le cause.
Oggi molti genitori sono stressati da tanti problemi e avendo difficoltà a gestire figli diventati “problematici”, spesso a causa del clima familiare, ne delegano l’educazione a insegnanti e psicologi, mentre dovremmo aiutare questi genitori a capire e risolvere i loro stessi disagi, affinché possano capire e risolvere quelli dei loro figli.
Se facessimo così, forse l’industria farmaceutica guadagnerebbe un po’ meno, ma noi avremmo più bambini e famiglie felici oggi e meno uomini cronicamente e irreparabilmente malati domani!
Ecco il mio augurio per tutto il nuovo anno 2015.