Fonte: La Stampa
L’equitazione integrata è nata allo scopo di affiancare con successo le classiche terapie mediche nei pazienti affetti da Sindrome di Down, schizofrenia, autismo, ADHD o pazienti psichiatrici. E i risultati si vedono
Ci sono 3 cose che un uomo non scorderà mai – afferma un antico detto spagnolo – il suo bravo insegnante, il suo primo amore e il suo cavallo.
Eh sì, perché il rapporto che un essere umano è in grado di stabilire con un animale è qualcosa di speciale. Non a caso la pet-therapy – la terapia con gli animali – è straordinariamente efficace e sempre più ricerche lo confermano.
Una pratica che invece non tutti conoscono, ma che si sta diffondendo a macchia d’olio, è l’equitazione integrata. Non ippoterapia nell’accezione del termine, ma qualcosa di più.
«Il panorama della riabilitazione equestre è piuttosto vasto e delle volte un po’ farraginoso – spiega Ludovica Bedeschi, psicoterapeuta cognitivo comportamentale ed ex amazzone agonistica – si parla di ippoterapia, riabilitazione equestre, attività sportiva paraolimpica eccetera. Si fa riferimento all’ippoterapia in quelle situazioni in cui si lavora a livello muscolare e fisioterapico su pazienti con patologie legate alla sfera motoria poiché è reale l’aspetto terapeutico ed è necessario avere una formazione specifica e avvalersi sempre della consulenza di un medico (neurologo, ortopedico)».
L’equitazione integrata, invece, pone l’accento soprattutto sull’aspetto psico-emotivo di un paziente: «Nel mio caso si parla di equitazione integrata poiché, a mio avviso, è pericoloso indurre un genitore a pensare di poter curare per esempio una sindrome di Down o l’autismo attraverso l’ausilio di un animale. Perciò, si usa il termine “equitazione integrata” per indicare che attraverso una pratica sportiva e sana come l’equitazione e il contatto con l’animale, il bambino (o anche l’adulto) può apprendere una serie di competenze che possono essere utilizzate anche in altri contesti e ciò può portarlo a integrarsi meglio nell’ambiente circostante», continua Badeschi.
Questa pratica promette, perciò, di aiutare bambini e adulti affetti da diversi problemi pisco-fisici.
«Il fine ultimo di questa pratica, spero, sia sempre in primis quello di regalare a questi bambini straordinari un momento ludico e di serenità. Subito dopo, credo che il fine sia quello di insegnare a questi ragazzi a essere autonomi, a prendersi cura di un altro essere vivente che è dotato a sua volta di una incredibile sensibilità e di aumentare la loro autostima e senso di auto efficacia. I ragazzi apprendono davvero molto durante i nostri corsi di Equitazione Integrata (E.I) e io con loro», afferma Badeschi.
Perché in questo tipo di “riabilitazione” si sceglie il cavallo, piuttosto che altri animali?
«Dipende da che tipo di riabilitazione si intende. Se si parla da un punto di vista di terapia fisico-motoria, è stato dimostrato che il movimento basculante del cavallo stimola la muscolatura della schiena e il sistema nervoso che in diverse patologie neurologiche sono mal funzionanti. Se invece ci riferiamo alle patologie neuropsichiatriche o psichiatriche, diciamo che la scelta del cavallo è basata su diversi fattori, primo tra tutto la sua indole non predatoria.
A dispetto degli altri animali comunemente utilizzati per la cosiddetta pet-therapy, il cavallo è anche l’unico animale che fisicamente è in grado di trasportare l’utente, attivando quindi una serie infinita di dinamiche emotive come l’abbandonarsi a un animale così grande e la fiducia. Inoltre la sua indole un po’ schiva e diffidente è utile nel stimolare un’attivazione emozionale e relazionale in soggetti altrettanto “ritirati”».
Quali sono le problematiche che possono essere facilmente risolte con l’equitazione integrata?
«Come accennavo prima, se si pensa che l’equitazione integrata “curi” o “risolva” patologie serie come l’autismo, le psicosi infantili, la schizofrenia etc., allora la risposta rischia di essere sinceramente negativa: nessuna. Diciamo che, un effetto secondario della loro relazione con il cavallo per questi utenti, è l’aumento di autonomie, autostima e migliore apertura sociale. Nel caso di pazienti psichiatrici affetti da psicosi croniche o schizofrenia, è stato condotto uno studio che ha dimostrato come la frequentazione di un corso di equitazione integrata ha inciso positivamente sulla diminuzione di crisi psicotiche e ricoveri in reparto psichiatrico.
Inoltre, non bisogna pensare che l’equitazione integrata sia solo riferita a pazienti gravi; spesso mi è capitato di seguire bambini che sotto il profilo neuropsichiatrico erano “puliti”, ma presentavano forti disagi emotivi, o anche adolescenti con comportamenti a rischio, che hanno beneficiato molto di questa esperienza».
In che modo potrebbe agire anche su bambini affetti da ADHD?
«Dal mio punto di vista, un bambino realmente affetto da ADHD potrebbe beneficarne in termini di contenimento (il cavallo è un animale fondamentalmente paranoico che soffre molto gli ambienti e le persone caotiche), pertanto il bambino potrebbe comprendere che la sua iperattività ha una reazione negativa sul cavallo che potrebbe sfuggirgli o ritrarsi; inoltre il movimento basculante del cavallo ha un forte potere rilassante che potrebbe risultare “terapeutico” per il bambino, una volta montato in sella. Altro aspetto importante di questa attività è il senso di responsabilità nei confronti di un altro essere vivente, pertanto sono importanti regole e confini, cosa che spesso questi bimbi fanno difficoltà ad accettare».
Può farci un esempio di “sessione tipo” che si svolge con il cavallo?
«Solitamente si inizia con la pulizia (e conoscenza) del corpo del cavallo. I ragazzi, tenendo sempre conto dei loro limiti e risorse, sono incoraggiati a svolgere tutto in autonomia. Pertanto puliscono da soli il loro cavallo, lo sellano e lo conducono in campo. Per ogni ragazzo è prevista la presenza di un assistente oltre all’operatore. A seconda del livello di competenza equestre, e capacità personali, si eseguono diversi esercizi e giochi a cavallo. Per me è importantissimo che i miei allievi si divertano e passino dei momenti di svago in sella ai loro amici cavalli. Spesso si svolge lavoro a terra. Per esempio, se le condizioni meteo sono particolarmente avverse e si puliscono le selle e i finimenti (testiera del cavallo, capezze e così via) si osserva insieme del materiale didattico sempre orientato all’acquisizione di nuove competenze. In ogni caso, possono esserci giorni in cui il ragazzo è troppo nervoso e attivo, pertanto lo si mette subito in groppa all’animale, ed è straordinario osservare il cambiamento umorale dopo brevissimo tempo».
Ci sono controindicazioni a questo genere di pratica?
«Le controindicazioni si riferiscono a patologie importanti a carico della colonna vertebrale e della cervicale; è controindicata nei casi di epilessia grave e, in ogni caso, prima di salire in sella è sempre necessaria una visita medica che assicuri l’assenza di controindicazioni della pratica equestre».
I costi indicativi?
«I costi variano a seconda del tipo di intervento, dal numero di operatori necessari e dalla frequenza settimanale. Diciamo comunque che di base, tenendo conto che una lezione individuale di equitazione classica costa intorno ai 30 euro a ora; bisogna considerare la presenza di un professionista specializzato e della presenza obbligatoria di un assistente perciò si arriva anche a 40/50 euro a incontro. Chiaramente mi riferisco a interventi svolti da un’equipe di professionisti formati in tal senso».
Qual è la durata media del numero delle sessioni per una terapia completa?
«Solitamente non c’è un numero minimo o massimo di incontri. Comprensibilmente la continuità favorisce l’acquisizione di maggiore sicurezza e apprendimento.
Nel nostro caso, la durata dell’intervento va da settembre a giugno e si parla di circa 36 incontri totali. Io non pongo limitazioni alla durata dell’intervento poiché, come dicevo, a mano a mano che aumenta la consapevolezza e la pratica dell’allievo, si possono abbracciare obiettivi sempre più ambiziosi in termini di autostima e autoefficacia».
Un consiglio ai nostri lettori per scegliere un buon operatore?
«Il mio consiglio è di rivolgersi a strutture riconosciute che si avvalgono di operatori formati e specializzati.
Per quelli che desiderano attuare corsi di E.I, suggerisco in primis di essere consapevoli dell’impegno e della responsabilità che questa attività richiede. Non basta essere cavalieri esperti, o al contrario esclusivamente bravi clinici per poter condurre dei corsi di E.I. Ci vuole una formazione adeguata in entrambi i settori (equestre e neuropsichiatrico o motorio). É fondamentale una coperta assicurativa poiché, per quanto buoni e docili possono essere i cavalli utilizzati per le attività, bisogna ricordare che si parla sempre di animali sensibili e reattivi, dunque gli allievi devono essere assicurati contro ogni eventuale infortunio.
I corsi di formazione più completi sono quelli della Federazione Italiana Sport Equestri, quelli dell’Anire, ed Equitabile, tutti avente un riconoscimento nazionale. Per il resto il mio consiglio è di scegliere delle strutture che presentino i requisiti adatti e che utilizzino cavalli sani, in buona forma e che non siano sfruttati e stressati poiché anche nei confronti dei cavalli va osservato il massimo rispetto e cura fisica».