F.A.Q. Frequently Asked Questions ovvero…
…le più frequenti domande sul tema “psicofarmaci e bambini”, sulla “sindrome da iperattività” e sulla nostra Campagna di sensibilizzazione e farmacovigilanza.
1) “TUTTINSIEME”, iniziale promotore di questa campagna di sensibilizzazione, è un’associazione?
“TuttInsieme” non è un associazione, bensì una Federazione, ovvero un organismo di secondo livello rappresentativo degli interessi delle 27 più grandi associazioni di volontariato ospedaliero del nord-ovest d’Italia, con attualmente oltre centomila iscritti attivi in corsia come volontari. Oltre a quest’Ente, tra i promotori iniziali figurano il Movimento Studenti Cattolici e l’Associazione Nazionale GiovanialCentro, due organismi associativi che hanno garantito nelle prime fasi della campagna il necessario apporto di volontari per le prime iniziative di sensibilizzazione sul territorio (convegni, manifestazioni, etc), e la Direzione generale dell’Ospedale Molinette di Torino, che all’epoca della fondazione del nostro Comitato ha garantito il necessario supporto logistico, presso gli uffici dell’URP (Ufficio Relazioni con il Pubblico) dell’Ospedale.
2) Oltre ai promotori iniziali, al Comitato creato per gestire la Campagna hanno poi aderito altri soggetti?
Al Comitato denominato “Giù le Mani dai Bambini” ONLUS hanno aderito oltre duecento enti, associazioni e gruppi informali, rappresentativi della volontà di milioni di cittadini italiani, quali Federfarma, la CISL, le ACLI, AGESCI, il Forum Nazionale Giovani, l’AGESC, il CGD, l’OTE, UniTre, e molti altri, come si può apprezzare nella sezione Promotori di questo stesso sito.
3) “Giù le Mani dai Bambini” è una campagna “antipsichiatrica”?
E’ una campagna “pro”, non “anti”. “Giù le Mani dai Bambini” si batte per un uso consapevole ed informato di strumenti potenti quali sono gli psicofarmaci, e per limitare al massimo l’uso di quelle molecole psicoattive potenziamente pericolose per un bambino od un adolescente. Molti psichiatri, neuropsichiatri e professori universitari di psichiatria collaborano attivamente alla nostra iniziativa ed alcuni di essi figurano anche nel nostro comitato scientifico permanente. Chiaramente, un requisito indispensabile per la collaborazione è – come sempre, in questi casi – l’affinità di vedute circa la necessità di contrastare la troppo disinvolta somministrazione di psicofarmaci ai minori, privilegiando – non solo a parole – l’approccio non farmacologico.
4) Ma non sono sufficienti le azioni di farmacovigilanza del nostro Ministero per la Salute?
Probabilmente no, dal momento che la polemica sugli abusi continua ad esistere. L’attività degli enti sanitari pubblici è certamente importante, ma evidentemente non sufficiente a garantire al 100% il diritto di libera scelta terapeutica ai genitori, ed il diritto ad un consenso realmente e completamente informato circa i potenziali rischi di queste discusse terapie. Ricordiamo inoltre, a margine di questa risposta, come la ricerca scientifica – nel nostro come in molti altri paesi – non è più da tempo “indipendente” (ovvero finanziata dallo Stato) bensì è finanziata in larga misura dalle case farmaceutiche che producono i prodotti medicinali che queste sindromi dovrebbero curare. Ciò non deve includere una posizione di pregiudizio verso le case farmaceutiche, che svolgono un ruolo utile e hanno permesso l’allungamento delle aspettative di vita dei cittadini, ma invitare a una serena consapevolezza sull’esistenza di pressioni di marketing che influenzano concretamente questo scenario.
5) La Campagna “Giù le Mani dai Bambini” prevede una raccolta fondi o qualche azione a scopo di lucro?
Attualmente l’iniziativa è sostenuta con i fondi di alcune delle associazioni proponenti e degli enti pubblici, ma soprattuto grazie al lavoro di molti volontari ed alla sensibilità dei cittadini. Chiunque può effettuare una donazione per sostenere la Campagna, ma il ricavato non potrà venire utilizzato a copertura di generiche voci di spesa, ma potrà essere utilizzato solo per il pagamento di spese vive documentate quali affitto delle sale per le conferenze, stampa di materiale promozionale da distribuire nelle ASL e nelle scuole, etc. Il portavoce, il coordinatore, ed i comitati scientifico ed etico, prestano la propria opera volontariamente e a titolo di gratuità. E’ quindi tassativamente esclusa ogni forma di lucro.
6) Esiste un “presidente” di “Giù le Mani dai Bambini”?
No, per scelta del Comitato non esiste alcuna carica apicale. E’ nominato un “portavoce nazionale”, che appunto “porta la voce” del Comitato stesso, dialogando con i media e le istituzioni, rappresentando l’importanza delle nostre istanze. “Giù le Mani dai Bambini” ha scelto di essere un’iniziativa di tipo il più possibile “orizzontale”: lo scopo è di coinvolgere più popolazione possibile, e quindi non può e non deve essere uno strumento “in mano a qualcuno” o premiante per alcuni soggetti con cariche di vertice.
7) La campagna Giù le Mani dai Bambini sostiene dichiaratamente il disconoscimento scientifico del “Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività” (ADHD)?
Premesso che Giù le Mani dai Bambini non si occupa solo di ADHD, ma in generale del rapporto tra minori e psicofarmaci, la campagna – contrariamente a quanto affermato da alcuni convinti “sponsor” della soluzione farmacologica – non sostiene aprioristicamente il disconoscimento scientifico del disturbo denominato “ADHD”: questo tipo di disagio è piuttosto considerato dai nostri esperti come una “costellazione aspecifica di sintomi”, ovvero come un “campanello d’allarme” che evidenzia che qualcosa non funziona, che l’equilibrio del bambino è entrato in crisi. Ma questi sono appunto “sintomi”: i veri motivi che stanno alla base del disagio possono essere moltissimi, ed “etichettarli” tutti indifferentemente sotto la dicitura “ADHD” è scientificamente superficiale e molto poco serio. Si desidera inoltre – evidenziando pro e contro delle terapie farmacologiche attualmente in uso – sollecitare l’attenzione della pubblica opinione sulla discussa prassi della somministrazione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti e sulle procedure di screening che si sono tenute in passato in alcune scuole italiane, così da stimolare la coscienza critica di genitori, insegnanti e dei ragazzi stessi su questo delicato problema. Il fine ultimo della campagna è quindi anche quello di esercitare una corretta azione di farmacovigilanza, allo scopo di prevenire abusi (in più occasioni documentati in altri paesi, anche culturalmente prossimi all’Italia, come ad esempio Germania e Svizzera) nella somministrazione di molecole psicoattive. Stupisce quindi una posizione di rigetto così netta da parte di alcuni psichiatri, a meno che non si voglia dare ad intendere di essere “a favore” di detti abusi. La nostra campagna si ispira ai più elementari principi per la difesa dei diritti del fanciullo e dell’adolescente, che sono certamente il ricevere una cura adeguata, ma altresì il non essere sottoposti ad alcuna cura farmacologica a base di psicofarmaci se non realmente necessaria.
8 ) C’è qualcuno che si oppone a questa campagna di sensibilizzazione?
I promotori ad oltranza della soluzione farmacologica, che sono quasi sempre riconducibili ad alcune precise associazioni di settore, incluse alcune associazioni di genitori di bambini apparentemente affetti da “Disturbo di Deficit di Attenzione”. Queste associazioni non rappresentano – contrariamente a quanto essi stessi cercano autoreferenzialmente di far intendere – l’opinione della maggioranza della comunità scientifica internazionale, e sono anche a volte finanziate dai produttori degli stessi psicofarmaci che esse propagandano come “miracolosi”.
9) La campagna Giù le Mani dai Bambini, è un’iniziativa contro uno specifico farmaco o contro gli interessi di qualche società farmaceutica?
L’iniziativa non riguarda in alcun modo uno specifico prodotto farmacologico o l’attività di una o dell’altra multinazionale del farmaco. Oggi il prodotto farmaceutico in discussione potrebbe essere uno, domani un altro, prodotto da una differente azienda. Ciò su cui si desidera porre l’attenzione è in primis l’opportunità stessa di sottoporre a cure psicofarmacologiche bambini in tenerissima età, e su questo punto la discussione è molto accesa sia nella cittadinanza che nella comunità scientifica. Uno per tutti, vale l’esempio della Paroxetina, principio attivo di un noto psicofarmaco somministrato ai minori: è stato ritenuto praticamente privo di effetti collaterali per anni e regolarmente somministrato ai bambini, fino a quando la casa farmaceutica produttrice – Glaxo – è stata citata in giudizio per aver occultato quattro importanti studi scientifici che provavano che induceva al suicidio i bimbi che lo assumevano, anche se per anni gli addetti ai lavori ed i medici favorevoli al suo uso hanno spergiurato circa il fatto che fosse assolutamente innocuo… L’atomoxetina, utilizzata per l’ADHD, è un altro esempio: si è ritenuto per lungo tempo che i suoi effetti fossero a zero rischi, o quasi, fino a che la letteratura scientifica internazionale non ha più potuto tacere circa gli effetti collaterali, a volte anche gravi, direttamente riconducibili alla sua somministrazione, anche se ancora mentre scriviamo alcuni medici negano ferocemente quest’evidenza.
10) Ma la maggioranza della comunità scientifica, cosa pensa riguardo a questo “disturbo”?
Sono numerose le posizioni critiche espresse da medici, pediatri, psicologi e psichiatri sul “fenomeno ADHD”, che pare aver colpito in misura esponenziale l’1%, poi il 3%, poi il 5% e anche più della popolazione scolastica. Tra gli stessi addetti ai lavori favorevoli alla soluzione farmacologica non esiste alcuna uniformità statistica: il dott. Maurizio Bonati dell’Istituto Mario Negri di Milano – ad esempio – afferma che gli psicofarmaci “andrebbero somministrati solo nei casi più gravi, dai sette anni in su”, mentre la letteratura scientifica negli Stati Uniti raccomanda l’avvio delle terapie già dopo i due anni di età; sempre il Dott. Bonati ricorda come “negli USA questi farmaci siano prescritti al 5% della popolazione scolastica”, mentre “le forme gravi non supererebbero in realtà il sette per mille” (!). Circa la “scientificità” d’approccio nella mappatura del fenomeno da parte dei sostenitori della soluzione farmacologica, è bene ricordare che uno studio condotto in due regioni del centro Italia ha evidenziato una prevalenza dei disturbi pari al 3.6%; un altro studio con i pediatri della città di Torino ha dato una prevalenza del 2,52%; uno studio del 2002, lo 0,43%; uno studio, condotto nelle scuole di Firenze e Perugia, ha individuato un 3,8% di casi; a Roma sono stati condotti due studi pediatrici, nel 1999 e nel 2003, nel primo la prevalenza è stata del 1,51%, nel secondo lo 0,91%; lo studio di Cesena del 2003 – condotto dai servizi territoriali su una popolazione di 11.980 soggetti di età compresa tra 7 e 14 anni – ha dato una prevalenza di disturbi dell’1.1%, e potremmo citare molti altri dati contraddittori. In definitiva… è scienza o è una “lotteria”?
11) Come è stata scoperta la ADHD (cosiddetta “sindrome da iperattività”) ?
L’introduzione di una nuova malattia nel DSM (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, il testo di riferimento per tutto il mondo psichiatrico occidentale) non richiede prove scientifiche, ma si basa sul parere degli esperti, che esprimono il proprio parere e votano in occasione dei periodici congressi internazionali di psichiatria: un sistema certamente democratico, ma che nulla ha a che vedere con l’approccio scientifico. La cosiddetta sindrome da iperattività è stata identificata e codificata proprio con questo metodo, in un certo senso “riscoperta” negli anni ’80, data a partire dalla quale, pur senza che venisse scoperto alcun nuovo test per la diagnosi del “disturbo”, i giovani soggetti “malati” hanno iniziato a moltiplicarsi esponenzialmente. Molto più restrittiva è la “griglia” del testo di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, che prevede di la diagnosi da ADHD, ma solo qualora dal disturbo derivi una situazione cronicamente invalidante per il bambino, o rischiosa per sè e per gli altri. Queste clausole restrittive della diagnosi, fondamentali per evitare abusi, “spariscono” dal DSM…
12) Come viene perfezionata la diagnosi di ADHD?
Non esiste alcuno strumento psicodiagnostico oggettivo per perfezionare la diagnosi: nel DSM ci sono due liste di comportamenti o atteggiamenti, ed è sufficiente che chiunque – compilando le apposite liste mentre osserva il bambino – dia almeno sei risposte affermative su nove. Ecco alcune domande (riferite anche a bambini nella fascia due-otto anni):
– “muove spesso le mani o i piedi o si agita sul sedile?”
– “è distratto facilmente da stimoli esterni?”
– “ha difficoltà a giocare quietamente?”
– “spesso chiacchiera troppo?”
– “spesso dà le risposte prima che abbiate finito di fare la domanda?”
– “spesso sembra non ascoltare quanto gli viene detto?”
– “spesso interrompe o si comporta in modo invadente verso gli altri; per es. irrompe nei giochi degli altri bambini?”
Si noti l’assenza di scientificità di criteri come “spesso” e “frequentemente”! Negli Stati Uniti la diagnosi viene perfezionata in 15 minuti circa, a volte senza neppure visitare il bambino; in Italia la diagnosi “viene perfezionata in circa 4 ore, raccogliendo informazioni dai genitori e dagli insegnanti”, afferma il dott. Alessandro Zuddas dell’Università di Cagliari, che in passato ha sperimentato uno psicofarmaco a base di metanfetamine direttamente su 150 bambini.
13) Ma l’ADHD è una vera malattia biologica?
Alcuni hanno affermato che l’ADHD è “un vero e proprio disturbo di natura neurobiologica”, ma non vi è alcuna prova scientifica di tale natura neurobiologica. Normalmente, le prove biologiche consistono di test oggettivi e ripetibili che associano reciprocamente una qualche alterazione comportamentale a precise alterazioni organiche rilevabili attraverso esami (sul sangue, urine, TAC, etc.); nulla di ciò esiste in relazione all’ADHD. Alcune presunte prove si sono poi mostrate falsificate in partenza da errori (inconsapevoli?) nella conduzione della sperimentazione. Gli enormi interessi finanziari che stanno dietro l’ADHD e la sua “diffusione”, possono indurre ricercatori e altri individui verso atteggiamenti ben poco scientifici: ad esempio, tutte le prove sostenute come “inoppugnabili”, pubblicate in studi scientifici e derivanti da analisi effettuate mediante neuroimmagini, si sono rivelate manipolate, o nella migliore delle ipotesi viziate da grave pregiudizio editoriale e quindi inaffidabili. Per dimostrare che l’ADHD è un vero disturbo biologico, dovrebbero esserci rilievi anatomo-patologici inequivocabili, correlati alla sintomatologia, ma se ciò fosse realmente provato non sarebbe più necessario fare domande ed osservare il comportamento del soggetto per perfezionare la diagnosi: ci sarebbe un preciso test di carattere biologico, che invece non esiste. Nella scienza prima si prova qualcosa e poi lo si afferma, non il contrario: altrimenti restiamo nel campo delle opinioni.
14) E’ stato detto che vi sarebbe un’origine genetica per questa “sindrome”…
E’ stato detto che l’ADHD “è un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale – nell’80% dei casi di natura genetica – associato con altri disturbi nel 70% dei casi”. Queste però sono pure affermazioni di fede; attendiamo sempre di esaminare le prove delle alterazioni genetiche o qualsiasi altra prova biologica reale. E poi – al di là d’ogni opinione – è una malattia di carattere biologico? Allora perchè non esistono test biologici per perfezionare la diagnosi? Una nota associazione americana, la CHAD, che è significativamente finanziata dalla casa farmaceutica Novartis (produttrice del Ritalin, il più venduto farmaco attualmente in commercio per queste “terapie”, poco costoso ma assai redditizio per il numero di confezioni vendute), definisce l’ADHD una “malattia cerebrale di origine biologica”, confortata dal parere di alcuni ricercatori del National Institute of Mental Heart (NIMH, il centro studi USA per queste patologie), incluso in prof. Castellanos (sostenitore dell’origine biologica al 100% della sindrome). Il prof. Nasrallah fece però uno studiosu maschi adulti trattati per iperattività infantile e concluse: “…l’atrofia corticale può essere un effetto avverso a lungo termine di questo trattamento farmacologico.”. Ecco quindi che il “deficit” potrebbe essere causato dal farmaco utilizzato per le cure, e non dalla supposta “malattia” (!). Nonostante il fatto che a tutti i gruppi-soggetto trattati da Castellanos furono somministrati psicostimolanti, i ricercatori – per lo più del NIMH – seguitarono a dichiarare l’atrofia cerebrale quale prova che l’ADHD fosse una malattia, evitando lo studio di gruppi di bambini droga-esenti. Nel 1996 Castellanos dichiarò: “Uno studio replica con ragazzi stimolanti-esente con l’ADHD è in cantiere.” Un simile studio invece non è mai apparso, e quindi a tutt’oggi è impossibile sapere con esattezza se le disfunzioni segnalate sono causate da qualche patologia, oppure dallo stesso farmaco utilizzato per la “cura”. Alla Conferenza di Consenso del 1998, sempre citata come “fonte indiscutibile” dai promotori della soluzione farmacologia, il dr. Swanson (presentatore) e Castellanos riassunsero: “…ricerche recenti forniscono prove che un fenotipo raffinato di ADHD/HKD (disordine ipercinetico) è caratterizzato da riduzione in grandezza in regioni neuroanatomiche specifiche…”. Un noto esperto internazionale in materia chiese: “Dr. Swanson, perchè non menziona che virtualmente tutti i soggetti con ADHD negli studi di neuroimmagine sono stati sottoposti a terapia psicostimolante cronica, e che questa stessa terapia è la probabile causa della loro atrofia cerebrale…?”. Swanson rispose: “… questa è una questione critica… sto progettando uno studio per investigare ciò”, studio che anche in questo caso mai effettuato. La stessa dichiarazione finale della Commissione della Conferenza di Consenso, recita: “… non abbiamo un test indipendente e valido per l’ADHD, e non vi sono dati indicanti che l’ADHD sia dovuto ad un mal funzionamento cerebrale…”.
15) E’ stato anche detto che “se non trattato, l’ADHD rischia di compromettere numerosi ambiti dello sviluppo e delle capacità di socializzazione del bambino…”.
Poichè il trattamento di questa “sindrome” consiste principalmente nella somministrazione di uno specifico psicofarmaco, il metilfenidato, (un anfetaminico in voga tra alcune comunità di tossicodipendenti negli USA occidentali negli anni 70′ – ma vi sono anche altri farmaci specifici in commercio per queste “terapie”), sotto il profilo educativo il bambino viene “addestrato” a risolvere i problemi della sua vita con una pastiglia. Tralasciando la circostanza che la FDA (Food and Drug Administration, l’organismo sanitario di vigilanza in USA) ha registrato negli ultimi dieci anni 2.993 diverse reazioni avverse a questo farmaco, il numero di bambini diagnosticati come affetti da ADHD, trattati con metilfenidato e divenuti tossicodipendenti da adulti è significativamente superiore a quello dei bambini che – pur avendo ricevuto diagnosi di ADHD – non sono stati trattati poichè le loro famiglie non credevano nell’opportunità di una cura psico-farmacologica per i propri figli. Inoltre occorrerebbe ricordare il numero di bambini morti durante la somministrazione del metilfenidato, o di altri psicofarmaci – oltre 160 casi documentati nei soli Stati Uniti – a causa di complicanze, spesso all’apparato cardio-circolatorio, come illustrato in diverse pubblicazioni, anche su questo stesso sito internet.
16) Ma diversi esperti possono sbagliarsi?
Ci sono numerosi medici che sull’ADHD hanno espresso pareri di grande perplessità e critica, ma comunque non è dalla lunghezza dell’elenco degli “esperti” che si trae la verità, soprattutto quella scientifica, bensì dalle prove di laboratorio. La teoria della “sindrome da iperattività” in questo caso è fortemente carente di controprove di carattere scientifico tali da rassicurare circa l’opportunità e l’efficacia delle terapie attualmente proposte. In ogni caso, il nostro Comitato ha promosso già da anni la sottoscrizione di un “documento di consenso” finalizzato a fare chiarezza su questa delicata tematica, approfondendo adeguatamente la posizione della comunità scientifica in materia: questo Consensus ha ricevuto un numero quadruplo di autorevoli sottoscrizioni da parte di specialisti e ricercatori indipendenti rispetto a quello dichiaratamente “pro-farmaco” promosso precedentemente dalle associazioni favorevoli ai trattamenti con psicofarmaci sui bambini. La conclusione degli esperi da noi interpellati è stata che le terapie mediante psicofarmaci sono mere terapie sintomatiche: nascondo i sintomi senza curare alcunché, e per contro espongono i minori in trattamento al rischio di numerosi effetti collaterali.
17) Ma ci sono bambini che hanno veramente problemi comportamentali e di iperattività…
Certamente, e questo problema può andare ben oltre un semplice “fastidio”. Premettiamo che da sempre nella storia dell’uomo abbiamo avuto casi di bambini molto vivaci, distratti, a volte confusi e depressi specie nella fase adolescenziale, inclusi molti soggetti diventati poi uomini e donne di successo: Albert Einstein incominciò a leggere all’età di sette anni, il suo insegnante lo definì “un ritardato mentale, asociale ed in balia di folli sogni”, tanto che fu rifiutato dallo Zurich Polytech Institute; più recentemente il famoso attore Tom Cruise ha dichiarato: “Soffrivo di dislessia (disturbo della parola, ndr), ed ero perennemente distratto, sarei stato certamente etichettato come malato di ADHD”, ed in effetti l’elenco delle celebrità del mondo dello spettacolo che sarebbero rientrate nei parametri propri delle “diagnosi” di questa sindrome è lunghissimo, probabilmente proprio a causa della loro irrefrenabile e creativa iperattività. I casi di bimbi realmente sofferenti di disturbi di questo genere non sono poi così frequenti, in rapporto alla popolazione infantile nel suo complesso, e poi vi sono moltissimi problemi infantili che possono apparire come sintomi della “ADHD” ma che di fatto sono riconducibili ad altre cause. Quelli che seguono sono solo alcuni esempi, esemplificativi e non esaustivi:
– alti livelli di piombo nell’ambiente possono esporre i bambini al rischio sia di fallimenti scolastici che di un comportamento aggressivo;
– alti livelli di mercurio nel corpo possono causare nervosismo ed agitazione;
– diversi pesticidi possono creare scarsa concentrazione, irritabilità, problemi di memoria e depressione;
– troppo zucchero può rendere una persona “eccessivamente” o “iper”attiva. Anche il cibo stile “fast food” – se alla base di una dieta costante – può causare carenze nutrizionali tali da generare alterazioni comportamentali – lievi ma rilevabili – in un bambino od adolescente;
– se un bambino ha difficoltà a scuola, ciò potrebbe anche essere dovuto al fatto che è molto creativo o molto intelligente od ha bisogno di maggiori o differenti stimoli.
I bambini etichettati come affetti da “ADHD” spesso hanno necessità di particolari attenzioni di carattere didattico o pedagogico. Il bambino potrebbe sentirsi svuotato, sfinito, senza nessun desiderio di andare a scuola, aver confusioni sul materiale di studio oppure in classe potrebbe essere annoiato o esasperato. Un insegnamento di buona qualità può risolvere i problemi che stanno alla base del suo disagio, ed evitargli una cura farmacologica a volte inutile e potenzialmente pericolosa. Vi sono infine dei “casi limite”, documentati sia in letteratura scientifica che in pratica clinica, di bambini o adolescenti pericolosi per se stessi o per gli altri, per i quali la somministrazione di psicofarmaci si rende indispensabile per evitare danni peggiori: in questi casi residuali, i farmaci psicoattivi andrebbero somministrati sotto stretto controllo medico, per periodi di tempo limitati, indagando il più rapidamente possibile le cause profonde del disagio e lasciando spazio a terapie non farmacologiche scientificamente validate, in grado di risolvere questi disagi per sempre, e non solo per il periodo di assunzione di un prodotto chimico.
18) Ci sono iniziative di carattere legislativo contro la somministrazione di psicofarmaci ai bambini ed agli adolescenti?
Negli USA, dove la polemica è stata assai accesa, ben ventuno assemblee legislative hanno sentito la necessità di promulgare ventisei diversi provvedimenti di legge a tutela dei bambini, in linea con lo spirito della nostra Campagna, fino ad un recente provvedimento Federale, votato con 425 voti a favore ed 1 solo contrario, che garantisce ai genitori la libertà di non sottoporre i propri figli a trattamenti psicofarmacologici in caso di diagnosi di “Disturbo da Deficit di Attenzione ed Iperattività”. In Italia invece non esistono ancora iniziative legislative a tutela del diritto alla salute di bambini ed adolescenti, ovvero atte a tutelare questi soggetti – giuridicamente incapaci di esprimere la propria volontà – dalle somministrazioni arbitrarie ed incontrollate di psicofarmaci. E’ stato tuttavia approntato dal Ministero della Salute (Agenzia Italiana del Farmaco e Istituto Superiore di Sanità), anche grazie alla collaborazione con la nostra organizzazione e con altre Onlus attive su questi temi, un protocollo ben più restrittivo di quello USA, che tuttavia è costantemente messo in discussione da chi vorrebbe eliminare controlli e restrizioni tipici del modello italiano per avere mano libera per prescrivere con molta più disinvoltura questo tipo di psicofarmaci.
19) Quanto è grande l’interesse che si celerebbe dietro l’ADHD?
E’ facile rispondere a questa domanda, con quasi undici milioni di giovani “consumatori” convinti o forzati ad assumere psicofarmaci nei soli USA: stiamo parlando di un mercato annuo che supera i sei miliardi di euro ed in continua crescita (oltre 20 miliardi per le vendite di psicofarmaci ai minori per tutte le patologie), e di qui l’interesse a convincere la cittadinanza ed i politici attraverso campagne di marketing ben perfezionate. Come ricorda l’Osservatorio Italiano sulla Salute Mentale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha affermato che “entro il 2020 circa la metà dei bambini nel mondo sarà affetto da malattie mentali”: traducendo questo dato in miliardi di euro di fatturato, ben si comprende come sia difficile promuovere una politica per la salute mentale senza fare i conti con la somministrazione di psicofarmaci. Sconcerta piuttosto osservare come nessuno sia apparentemente in grado di fermare la medicalizzazione di massa, e che si debba creare un movimento d’opinione popolare per costringere le istituzioni a fare ciò che sarebbe in loro dovere fare spontaneamente.
20) Ma “Giù le Mani dai Bambini” si occupa solo di ADHD?
No, come abbiamo detto si occupa in generale di tutto quanto concerne l’argomento “psicofarmaci & bambini”. Ad esempio, il nostro Comitato ha per primo rilanciato in Italia a fine 2004 i “warning” americani circa il pericolo di potenziale induzione al suicidio degli adolescenti trattati con alcune classi di antidepressivi, con ben 1 anno di anticipo rispetto ai competenti organismi di controllo sanitario italiani, rilanciando poi successivamente in Italia lo scandalo “Paroxetina/Glaxo”, e da allora non ha mai smesso di occuparsi di questi temi e di garantire assistenza gratuita alle famiglie coinvolte in questo genere di problemi.
21) La campagna Giù le Mani dai Bambini è ispirata dalla Federazione di Damanhur, dalla Chiesa di Scientology, dall’Associazione Soka Gakkai o da altre sette o confessioni religiose minori?
Assolutamente no. È tutto inconsistente l’affermazione secondo la quale i contenuti della nostra campagna risultino “molto affini alla campagne di propaganda anti-psichiatrica della Chiesa di Scientology”, come erroneamente affermato da alcuni psichiatri che si sono pronunciati a favore della somministrazione di psicofarmaci a bambini ed adolescenti, e che hanno tentato così – per fortuna inutilmente – di “screditare” la nostra attività. La campagna “Giù le Mani dai Bambini” è infatti laica, apartitica, non confessionale, non ispirata da alcuno se non dalla volontà di un nutrito gruppo di volontari e delle oltre cento associazioni ad oggi consorziate. Il problema è d’attualità, ed è molto sentito dalla cittadinanza (come accadde qualche anno addietro per la polemica circa l’opportunità di rendere obbligatori gli esami del sangue tra la cittadinanza al fine di schedare i casi di infezione da HIV/AIDS), tanto che numerosi organi di stampa di livello nazionale hanno ritenuto di dover prendere posizioni critiche al riguardo. A meno che ancora non si voglia pretendere di affermare che riviste come “L’Espresso”, “Focus”, “Panorama”, “La Stampa”, etc siano anch’esse “segretamente” ispirate da queste confessioni religiose…
22) Perchè i consumatori di psicofarmaci sarebbero “forzati”?
Una volta che sia approvato per legge e per cultura medica un certo tipo di intervento sanitario pesantemente invasivo come quello a base di psicofarmaci, chi rifiuta di “far curare” i propri figli può essere accusato di “carenza di assistenza medica” e i figli potrebbero essergli sottratti, ed affidati ai servizi sociali al fine di venir sottoposti a trattamenti sanitari obbligatori. Negli USA sono documentati moltissimi casi legali di questo tipo, uno ha riguardato anche il fratello del Presidente degli Stati Uniti G.W. Bush, che si è rifiutato di sottoporre suo figlio a questo tipo di “cure”, partendo dal presupposto che nascondere i sintomi di un disagio tramite l’assunzione di un farmaco, non significa affatto curare una malattia. Certamente i bambini con questo genere di problemi non devono essere ne abbandonati a se stessi ne ignorati: ma la scienza ha molto da dire prima di dover sottoporre un bimbo di 5 o 6 anni a una cura a base di derivati dell’anfetamina.
23) Ma dal punto di vista farmacologico, come si presentano questi psicofarmaci stimolanti per l’infanzia?
Le amfetamine sono “amine simpaticomimetiche di sintesi”, che presentano analogie con l’efedrina, differendone per una più potente azione sul Sistema Nervoso Centrale, in particolare sulla corteccia. Il metilfenidato – principio attivo del Ritalin, ma non solo – è un derivato anfetaminico, o metanfetamina: provoca, attraverso la liberazione di catecolamine da parte delle terminazioni nervose adrenergiche, un aumento della frequenza cardiaca, una costrizione vasale periferica con conseguente aumento della pressione arteriosa, midriasi, rilasciamento della muscolatura bronchiale ed intestinale. Stimolano, con un’intensità del tutto insolita, l’asse cerebrospinale e sono, tra le sostanze simpaticomimetiche, quelle che possiedono la più potente azione sul sistema nervoso centrale. Tutte le sezioni dell’asse cerebrospinale vengono più o meno intensamente interessate: l’azione sulla corteccia provoca aumento del rendimento intellettuale, maggiore vivacità nell’ideazione, maggiore facoltà di concentrazione, rimozione della fatica, a volte insonnia. Per quanto detto, è altamente raccomandabile una grande cautela nel trattamento a lungo termine di disagi mentali a mezzo di amfetamine e loro derivati ed assimilati, poichè non è affatto sicuro che una stimolazione centrale continua possa essere di reale beneficio, e non piuttosto di danno. La sospensione dell’uso di questi prodotti si può accompagnare a depressione psichica, ottundimento, abulia e depressione, e l’utilizzo, per questa ragione, viene spesso identificato con l’abuso: i pazienti possono diventare dipendenti dal farmaco, e possono averne necessità di dosi sempre più elevate, con aumento proporzionale del rischio di gravi danni a cervello, cuore e reni.
25) Ma questo significa forse che non bisogna mai somministrare psicofarmaci ad un bambino?
La posizione dei nostri esperti è che lo psicofarmaco somministrato ai bambini può essere utile solo come “sintomatico”, ovvero per mettere sotto controllo i sintomi e le crisi acute, ed è invece da censurarsi nell’utilizzo qualora venga protratta e “cronicizzata” la somministrazione, come spesso accade, basando tale decisione sul fatto che “dal momento che il bambino non manifesta più il disagio, dobbiamo continuare a somministrare la molecola psicoattiva”. Infatti spesso tutti i sintomi riappaiono quando si decide di interrompere la cura, aggravati dagli effetti collaterali e iatrogeni propri di questi potenti farmaci, tra l’altro non adeguatamente sperimentati sui minori, e frutto di una banale “riduzione” della quantità di principio attivo presente nella dose per adulti senza considerare la profonda differenza sussistente tra il metabolismo di un bimbo e quello di un organismo completamente sviluppato. Inoltre l’uso di psicofarmaci sui bambini è da sconsigliarsi con fermezza ogni qualvolta il rapporto/rischio beneficio è negativo, nonchè ogni volta sia possibile raggiungere i medesimi effetti terapeutici senza l’utilizzo di molecole psicoattive.
26) Oltre agli aspetti scientifici, esistono anche aspetti etici e morali su questa delicata questione?
Su argomenti e prese di posizione in grado di causare ricadute importanti su vasti strati di popolazione (ed il 3%-5% della popolazione infantile è certamente da ritenersi un “vasto strato”) si rende necessario quindi un approccio certamente scientifico, ma anche etico, al problema. A meno che non si voglia assumere come verità assoluta l’affermazione di alcuni, i quali sostengono un primato della scienza ad oltranza anche al di là dei possibili riscontri, quasi che il cittadino non abbia alcun diritto ad una completa informazione e ad esprimere un consenso informato. Una polemica similare venne sollevata da una parte di alcuni membri della comunità psichiatrica a seguito dell’approvazione (avvenuta all’unanimità) della Legge Regionale del Piemonte 14/00, tuttora in vigore, la quale prevede l’adozione del consenso informato per la somministrazione di sedute di terapia elettroconvulsivante (comunemente conosciuta come “elettroshock”, pratica purtroppo a tutt’oggi praticata in Italia, seppure in casi sempre più rari). Secondo alcuni infatti, in quanto “terapia clinica” – peraltro molto discussa anche in letteratura – essa doveva esulare dalle attenzioni del legislatore. Fortunatamente sono secoli che il legislatore accorto si affianca al medico, poichè non tutte le procedure sono da considerarsi legittime od opportune solo in quanto etichettate come “terapie”. Il bene ultimo da preservare è sempre infatti l’integrità del paziente, e non esistono ancora ad oggi a nostro avviso garanzie sufficienti affinchè detta integrità venga preservata al meglio in questi “trattamenti”.
27) Ma oltre a dire “NO” all’uso indiscriminato, avete anche delle proposte per far fronte alle situazioni veramente gravi?
“Giù le Mani dai Bambini” è una campagna di informazione e vigilanza: per scelta – nonostante dia voce a molti medici, specialisti ed addetti ai lavori del settore sanità – non fornisce consulenze mediche. Il cittadino deve trovare le più opportune soluzioni consultando più specialisti di propria fiducia, il nostro compito è solo quello di “attrezzarlo” con la maggior quantità di informazioni possibile per permettergli di fare una scelta realmente consapevole. Ciò premesso, alcuni degli specialisti da noi interpellati hanno una ben precisa idea di come dovrebbero funzionare le cose, e questa strategia è riassumibile con: a) effettuare una “diagnosi differenziale completa”, così da escludere ogni possibile malattia o condizione in grado di “mimare” l’ADHD presentando gli stessi sintomi (ve ne sono oltre 200, documentate in letteratura scientifica); b) se non si individua, tramite gli esami di cui al punto uno, alcuna patologia medica o condizione, la famiglia dovrebbe richiedere l’affrancamento di un team multidiplinare (psicologo/psicoterapeuta, pedagogista, etc); c) tale assistenza dev’essere erogata con professionalità, in regime di gratuità, e per un tempo adeguato, come d’altra parte è garantito dalla nostra Carta Costituzionale, con riguardo alla libertà di scelta terapeutica e nel contempo al diritto alla cura; d) l’eventuale uso di coadiuvanti (sia naturali che chimici) dovrebbe essere valutato solo per i casi più gravi, per un periodo limitato di tempo, e mai come unica soluzione terapeutica e) le decisioni riguardo alle strategie terapeutiche più opportune, spettano comunque ai genitori, in alleanza con il proprio specialista di fiducia; f) il consenso informato della famiglia dev’essere comunque completo ed in forma scritta, con particolare evidenza sui rischi e sugli effetti collaterali; g) il trattamento farmacologico dovrebbe poi terminare con un corretto scalaggio (al termine di un intervento con psicofarmaci è sempre consigliato interrompere con dosi discendenti e costanti); h) in caso di crisi acute, dovute a patologie comorbili con l’ADHD, tanto gravi da impedire gli approcci con gli altri tipi di terapie, si può considerare la sedazione con intervento farmacologico, sempre per un periodo limitato di tempo, sotto controllo clinico (day hospital o monitoraggio ambulatoriale), con successivo immediato avvio di quanto previsto al punto B sopra citato. Com’è quindi chiaro, la nostra Campagna non ha un approccio “proibizionista” al farmaco: la cosa essenziale e che questi interventi siano intesi per quello che realmente sono (“sintomatici” e non terapeutici), che di essi non si abusi, e che lo psicofarmaco non sia somministrato con la disinvoltura che invece – purtroppo – caratterizza oggi come oggi alcuni operatori del settore.
28) In Italia sono autorizzati al commercio il Ritalin, lo Strattera (la cui molecola base è l’atomoxetina, contestatissima in USA) ed il Prozac per i bambini con segni di depressione. “Giù le Mani dai Bambini” come commenta queste decisioni?
Per riconoscendo come utile l’autorizzazione al commercio, per evitare l’acquisto sul mercato nero, vediamo procedere ed affermarsi un’allarmante cultura della medicalizzazione del disagio dell’infanzia, e questo ci preoccupa molto.
29) E’ possibile sostenere l’azione di Giù le Mani dai Bambini?
Certamente, nella sezione DONAZIONI di questo portale vi sono tutte le istruzioni con i vari modi per sostenere questa campagna di informazione e sensibilizzazione. Con lo strumento del 5×1000, inoltre, è data la possibilità al cittadino di destinare risorse – altrimenti incassate dallo Stato – ad attività sociali, senza alcun aggravio di spesa per il contribuente (se si decide di non firmare la stessa quota del 5×1000 della propria IRPEF resterà allo Stato). Nell’apposito riquadro “scelta per la destinazione del cinque per mille dell’IRPEF”, bisogna individuare il campo “Sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale…”, e in questo campo apporre la propria firma, e il codice fiscale di GiùleManidaiBambini ONLUS, ovvero: 97650080019″. I cittadini che devono compilare solo il modello CUD possono anch’essi destinare il loro 5×1000: compilando e firmando il relativo riquadro e consegnando poi la pagina con questo riquadro, in busta chiusa – gratuitamente – presso uffici postali o sportelli bancari, o uffici convenzionati. Sulla busta dovrà essere riportata la dicitura: “Destinazione del Cinque per MIlle IRPEF”, oltre a nome cognome e codice fiscale del contribuente.
30) Il 5×1000 è alternativo all’8×1000?
Il 5×1000 si aggiunge al meccanismo dell’8 per mille, che rimane in vigore. A differenza del meccanismo dell’8 per mille, in cui la partecipazione o l’indifferenza dei cittadini incide esclusivamente sulla specifica destinazione dei fondi e non sull’ammontare degli stessi che è di natura predefinita dallo Stato, il meccanismo del 5 per mille conta sulla partecipazione di tutti: tanto più numerose saranno le firme, tanto più ingenti saranno i fondi stanziati per il mondo del sociale in Italia.
Nota Bene: questa pagina pubblica le domande e risposte più frequenti trattate dalla nostra redazione, ma qualunque lettore può indirizzare una domanda agli esperti del Comitato compilando l’apposito modulo nell’area Agorà di questo stesso portale, e ricevere sollecita risposta.