Di Eleonora Lorusso – Fonte: Panorama.it
Differenti approcci all’Adhd: anche educazione e alimentazione potrebbero essere le cause del problema. E in Italia?
Sono disattenti, iperattivi, impulsivi: sono i bambini che soffrono della sindrome ADHD,ovvero Attention Deficit Hyperactivity Disorder. Un disturbo che in alcuni casi può arrivare a rendere difficili la socialità e il normale sviluppo dei bambini. Negli Stati Uniti almeno il 9% dei bambini in età scolare ne soffre, con tanto di diagnosi medica. Eppure in Francia non è così: meno del 5% della popolazione infantile viene curata per questa malattia. Perché? Si tratta di un disordine di natura neuro-biologica? La risposta, incredibilmente, dipende dal luogo in cui si vive.
Come riporta la rivista Psychology Today , negli Stati Uniti i pediatri ritengono che l’ADHD sia un disordine di natura biologica e dunque lo curano con farmaci che vanno ad agire a livello farmacologico con medicinali come Retalin (Metilfenidato) e Adderall(Anfetamine), ovvero stimolanti o non-stimolanti. Diversamente, in Francia la sindrome da deficit di attenzione viene considerata un disturbo di legato a fattori di natura psico-sociali e, di conseguenza, i pediatri d’Oltralpe preferiscono seguire terapie che indagano i motivi del disagio nel contesto sociale o familiare in cui vivono i bambini che ne soffrono. Per questo, invece che somministrare farmaci, prediligono trattamenti come la psicoterapia o colloqui con le famiglie. Insomma, il punto di vista francese (ed europeo in genere) è profondamente diverso da quello americano, che attribuisce le cause dell’ADHD a disfunzioni fisiche e squilibri chimici nel cervello dei bambini.
L’approccio differente è confermato anche dal tipo di classificazione che viene dato al disturbo: mentre gli americani fanno riferimento al Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorders (DMS), i francesi si affidano al Classification Française des Troubles Mentaux de L’Enfant et de L’Adolescent (CFMEA): da un lato si ricorre alle migliori cure farmaceutiche per i sintomi del disturbo, dall’altro si indagano le cause psico-sociali che lo provocano.
Il deficit di attenzione sta comunque diventando una vera piaga negli Usa: si calcola una percentuale variabile tra il 30 e il 50% dei bambini americani continui ad avere disturbi anche in età adulta, con conseguenze anche importanti sulla routine lavorativa e non solo. Tra gli effetti più comuni sui più giovani ci sono la facilità ad essere distratti, dimenticando dettagli; la difficoltà a concentrarsi, per imparare qualcosa di nuovo; toccare o giocare con qualsiasi cosa si trovi a portata di mano; difficoltà a stare seduti a scuola o a tavola per i pasti; ridere spesso, anche senza motivo; non riuscire ad attendere e rispettare il proprio turno di gioco. Nei casi più gravi si può anche arrivare a disturbi come ansia e depressione.
Ma se in Francia e in Europa viene attribuita maggior importanza ai fattori sociali e psicologici, esiste anche un altro aspetto da non sottovalutare nell’incidenza del deficit: secondo recenti studi, infatti, anche l’alimentazione può giocare un ruolo importante nell’insorgere del disturbo. In particolare, il cibo ricco di coloranti artificiali, conservanti e specifici allergeni, come caramelle e merendine in genere, viene indicato come possibile concausa dell’ADHD.
Secondo Pamela Druckerman, autrice di Bringing up Bébé, esiste poi un’altra differenza, che riguarda il tipo di educazione che viene data ai bambini in America e in Francia. Oltralpe, secondo la Druckerman, esiste una “frame”, “structure”, ovvero una sorta di cornice all’interno della quale si muovo i bambini: ad esempio, non è loro permesso di mangiare ogni qualvolta ne abbiano voglia, ma esistono 4 momenti ben precisi nell’arco della giornata, che sono dedicati ai pasti. I francesi insegnano ai figli ad attendere il momento del pranzo o della cena, senza ricorrere merendine e snack fuori orario. Esisterebbe poi una differente approccio al pianto: mentre negli Stati Uniti si tende a placare il pianto, spesso proprio offrendo del cibo, in Francia si segue maggiormente la tecnica del “cry it out”, ovvero lasciarli piangere, anche di notte, dopo i 4 mesi di vita.
Entrambi i genitori, americani e francesi, naturalmente amano i propri figli, li portano a lezioni di musica o a fare sport, ed incoraggiano i loro talenti o passioni. Ma mentre i francesi, secondo Druckerman, hanno una differente “filosofia della disciplina”, che dà delle regole e dei limiti ai bambini, all’interno dei quali i figli si sentono sicuri e liberi di fare esperienze. Insomma, dire “no” aiuta i bambini a liberarsi dalla “tirannia dei loro stessi desideri”.
Una “filosofia” sposata anche da Marilyn Wedge, autrice di Pills Are Not for Preschoolers: A Drug-Free Approach for Troubled Kids , e da alcuni esperti italiani, tra i quali Paolo Crepet, che tempo fa ha scritto il discusso “I No che aiutano a crescere”. Lo stesso psicologo e psichiatra ha avuto modo di chiarire il suo pensiero a proposito dell’ADHD, spiegando come il ricorso agli psicofarmaci deve “rappresentare l’extrema ratio e comunque una strada assolutamente da evitare in età giovanile. Molto meglio può fare l’attenzione della famiglia”.
In Italia dal 2007 l’Agenzia Italia del Farmaco (AIFA) ha autorizzato l’uso di presidi terapeutici, ovvero di farmaci specifici come il Ritalin (non senza polemiche da parte dell’associazione “Giù le mani dai bambini” ), ma solo nell’ambito di un programma di terapia multimodale monitorato dal Registro nazionale, tenuto dall’Istituto Superiore di Sanità. Si calcola che nel nostro Paese ci siano circa 1.600 giovani con disturbi di attenzione e iperattività. A supporto delle famiglie sono attive l’Associazione Italia Famiglie ADHD e l’AIDAI, Associazione Italiana Disturbi dell’Attenzione e Iperattività, che si occupano di dare supporto ai genitori con figli iperattivi.