Articolo della Psicologa e psicoterapeuta Francesca Racco, per La Riviera Online
L’ansia, intesa come emozione “primaria” della paura, è certamente un’esperienza che fa parte dell’esistenza umana. Può manifestarsi in tanti modi diversi, ma alla base c’è sempre un denominatore comune: la risposta alla percezione di una minaccia. La paura fa parte delle emozioni fondamentali e ha un’importantissima funzione, quella di proteggerci dai pericoli: è dunque vitale perché garantisce la sopravvivenza. Per questa ragione è un’emozione che tutti i bambini sperimentano sin dai primi giorni di vita e si manifesta in diversi modi a seconda dell’età. Ad esempio, è fisiologico provare un’intensa reazione di paura nei confronti degli estranei intorno all’anno di età, con conseguente sofferenza al momento del distacco dalla figura affettiva di riferimento. Tipica anche la paura dei mostri, come anche del buio in età prescolare, mentre i timori legati alle relazioni interpersonali, con un certo grado di ansia sociale sono tipiche della prima adolescenza. L’ansia, inoltre, può avere un significato adattivo e funzionale quando stimola l’attività cognitiva e ci aiuta a svolgere meglio un determinato compito a cui teniamo.
Purtroppo, però, la paura può assumere proporzioni talmente intense da generare un vero e proprio disturbo che causa alti livelli di sofferenza e che può portare a esiti psicopatologici anche in età adulta. Peraltro, soprattutto negli ultimi anni, abbiamo assistito a un incremento di alti livelli di ansia proprio nei bambini e negli adolescenti, con addirittura un uso diffuso di psicofarmaci sin dalla giovane età.
Così non è raro trovarci di fronte a minori che soffrono di disturbo d’ansia generalizzato, attacchi di panico, disturbo d’ansia sociale e fobie specifiche e quindi sperimentano una forte angoscia che non riescono a tollerare e contenere e che diventa davvero tossica per il cervello e il suo sviluppo. L’ansia prende il sopravvento e diviene patologica quando viene a mancare la regolazione dell’emozione della paura, che non assolve più all’originaria funzione fisiologica di protezione e sopravvivenza, ma diventa pervasiva e invalidante, con gravi ripercussioni anche sul sonno, sull’alimentazione, sull’apprendimento e interferisce nelle relazioni con i pari e con la scuola. La regolazione delle emozioni è un aspetto cruciale per prevenire i disturbi d’ansia. Fondamentalmente è dall’ambiente e dalle figure di riferimento che impariamo a regolare i nostri stati emotivi, fin da bambini. Ma cosa accade se un bambino vive delle emozioni troppo grandi per la sua età? Cosa succede se non riesce a dare un nome a cosa sta vivendo? Succede che può provare un grado elevato di confusione, smarrimento e paura di non farcela. Succede che, se si sente solo nell’emozione e nell’esperienza, imparerà che non è in grado di gestirla e il suo cervello memorizzerà quell’esperienza come qualcosa di altamente pericoloso. Tutto questo tenderà a ripetersi nei successivi momenti di stress e tensione. Il cervello tenderà a mandare segnali di pericolo laddove una certa situazione rievoca alla mente qualcosa di simile a una sensazione spiacevole vissuta. E dunque, anche se realmente non c’è un pericolo, il nostro corpo e la nostra mente si comporteranno costantemente come se si fosse in pericolo, in una situazione di estrema urgenza dalla quale difendersi. E allora ecco comparire i classici sintomi di un quadro ansioso: confusione, smarrimento, agitazione, tachicardia, tremore, paura che accadrà qualcosa di terribile da un momento all’altro, paura di non farcela, vergogna, lamentele psicosomatiche, come mal di pancia e mal di testa. L’ansia, dunque, porta con sé sempre un messaggio che, se accolto, può divenire un’ottima occasione per capire cosa ci sia che non va. E allora cosa dovrebbe fare un genitore? Prima di tutto essere sin da subito una base sicura per i propri figli, accogliendo i bisogni irrinunciabili che sono quelli di amore e protezione. Un bambino dovrebbe sempre avere la certezza che nei momenti di difficoltà può contare sulle proprie figure di riferimento senza essere giudicato, ma sperimentando quell’accoglienza, comprensione e sicurezza necessaria per creare la base da cui partire per affrontare i vari momenti di stress che si troverà ad affrontare durante tutto il percorso della vita. Quando un bambino è agitato, preoccupato, nervoso, ma anche arrabbiato, dovrebbe incontrare un adulto (genitore, insegnante, educatore in genere) che sia in grado di ripristinare il suo equilibrio emotivo.
Bambini e adolescenti hanno bisogno da sempre, ma oggi più che mai, di confrontarsi con adulti che siano da esempio e che li aiutino a non sentirsi soli con le loro emozioni, dando un senso a ciò che vivono perché non sentirsi soli con la paura è il modo migliore per alleviarla, imparando a gestirla affinché non si traduca in un disturbo d’ansia.