Una ricerca canadese dimostra che il movimento aiuta i bambini a migliorare le loro capacità
Articolo del Corriere del Ticino
Tutti sanno che lo sport è essenziale nel favorire lo sviluppo dei più piccoli. I vantaggi del fitness, tuttavia, non si limitano a muscoli, ossa e articolazioni, ma riguardano anche il cervello. Iscrivendo i propri figli ad un’attività sportiva già in tenera età, infatti, li si aiuta anche ad avere una maggiore concentrazione, prevenendo i deficit cognitivi. A confermarlo è stato uno studio canadese pubblicato sulla rivista Preventive Medicine, che ha sottolineato come questi benefici siano particolarmente significativi nelle bambine.
Da tempo tristemente popolare in America, oggi la sindrome da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) è diagnosticata sempre di più anche in Europa. Si tratta di un disturbo che rende molto faticoso elaborare le informazioni ed apprendere a scuola, fin quasi a rendere questi processi impossibili. Lo sport, stando alla ricerca, tende a mitigare questa difficoltà perché spinge i bambini ad imparare ad organizzarsi e concentrarsi, focalizzandosi su una specifica attività.
I dati raccolti dagli studiosi, con a capo Linda Pagani, parlano davvero chiaro: «Rispetto alle coetanee sedentarie, le bambine che fanno sport regolarmente tra i 6 e i 10 anni di età mostrano meno sintomi dell’ADHD una volta raggiunti i 12 anni». È singolare, tuttavia, il fatto che sui maschi questo tipo di abitudine non sembri incidere in modo particolare. Va comunque sottolineato che lo studio si fonda sulle impressioni sviluppate dagli insegnanti, e che quindi non si basa, in questo senso, su dati quantificabili empiricamente.
Vanno, inoltre, considerati altri fattori di genere. Ad esempio «durante l’infanzia i maschi che soffrono di ADHD sono più impulsivi e iperattivi rispetto alle femmine», spiega Pagani, «e per questo motivo ricevono una diagnosi e un trattamento più rapidamente». Proprio questa precisione nella diagnosi rende difficile individuare l’influenza dell’attività fisica nei bambini. Nelle femmine, al contrario, la sindrome viene raramente diagnosticata.
L’attività fisica sarebbe, dunque, efficace per entrambi i sessi, ma in modi diversamente osservabili. Va poi sottolineato il fatto che non tutti gli sport sono uguali, in questo senso. Quelli di squadra, ad esempio, sono particolarmente efficaci, perché richiedono l’apprendimento di norme – tecniche ma anche relazionali – davvero variegate. Da non sottovalutare, però, anche le attività individuali, che spingono i piccoli a concentrarsi sui propri movimenti.