Attenzione ai bambini con lo smartphone

Attenzione ai bambini con lo smartphone

I disturbi da deficit di attenzione e iperattività, alimentati nell’ultimo ventennio dalla diffusione planetaria degli schermi interattivi, affondano le radici nel rapporto con la madre

Articolo di Francesca Cerati per Ilsole24ore.it

La prossima volta che pensate di dare al vostro bambino uno smartphone o un tablet per farlo stare tranquillo quando siete a cena al ristorante, pensateci due volte. Uno studio canadese dell’Università di Alberta ha scoperto che i bambini di 5 anni che trascorrevano due ore o più a guardare uno schermo ogni giorno avevano 7,7 volte più probabilità di soddisfare i criteri per la diagnosi del disturbo da deficit di attenzione e iperattività (Adhd) rispetto ai coetanei che usavano gli stessi device non più di 30 minuti al giorno. Che secondo gli autori della ricerca è la quantità ottimale per avere una relazione “salutare” con la tecnologia.

Ma perchè l’oggetto tecnologico ci rende dipendenti? «La capacità che ha l’oggetto tecnologico di fissare l’attenzione non la possiede nessun altro oggetto – spiega Uberto Zuccardi Merli, psicologo e psicoanalista che studia il disagio infantile e l’iperattività nei bambini -. E piace perchè a differenza di un gioco o di un libro fa tutto per te, riproponendo quel senso di sicurezza, protezione e rassicurazione tipica della presenza della mamma».

Quindi, il bambino replica la “dimensione materna” nella tecnologia. Ma è anche la “pappa pronta”.

«Esatto -risponde l’esperto, che ha parlato in un incontro al Festival Kum! di Ancona proprio di questo -. È più difficile che nasca una dipendenza dai libri, perchè il linguaggio è faticoso, mentre la tecnologia è immgine ad effetto, iconicità, velocità, informazione rapida, risolutiva. E attiva i neurotrasmettitori del piacere. Anche se non è un “farmaco”, ha comunque il potere di togliere l’angoscia del vuoto. In questo modo il bambino orienta sul tablet il suo godimento e non resta in attesa di qualcosa che gli manca». E questa è la dimensione tipica della droga… «È l’esperienza di dipendenza dalla mamma che viviamo durante l’infanzia la matrice del successo degli smartphone» aggiunge.

Dunque, mente infantile e tecnologia sono strettamenti correlati. E quando si trasforma in dipendenza? «Quando senza il cellulare stai male, ti viene l’ansia al pensiero di averlo dimenticato a casa – continua Zuccardi Merli – Il deficit di attenzione o iperattività è un disturbo dell’ultimo ventennio ed è legato alla rivoluzione tecnologica. È il principio teologico della cybernetica: la tecnologia sostituisce l’uomo e lavora per lui, sgravandolo dalla fatica e dall’azione. Eliminare le difficoltà, occupando tutti gli spazi vuoti, genera nuove patologie. Come diceva Freud, la psicologia individuale è la psicologia collettiva, ovvero ciò che accade al singolo rispecchia ciò che accade alla massa e l’iperattività è la punta dell’iceberg di un disturbo della società contemporanea».

Che si sta trasformando già in altro … «perchè ci sono altre forme di sofferenza infantile e adolescenziale, la sindrome di hikikomori, per esempio, che porta alla chiusura e all’isolamento. Manifestazioni sintomatiche che seguono l’andamento della società: dove ci sono muri, limiti, chiusure, dove lo spazio relazionale è angosciante, dove la paura regna, ecco il manifestarsi della sindrome di hikikomori. E l’isolamento è una delle conseguenze della tecnologia».

La tecnologia ha di fatto creato la realtà condivisa contemporanea, che fa leva sulla componente infantile della mente, e che condiziona la vita, la spia, la rivela, la controlla. «Se riusciamo a farne a meno, ci riappropriamo della nostra vita – continua Zuccardi Merli -. La tecnologia è completamente illiberale, è una servitù volontaria. Ecco perchè la società, la scuola, la famiglia devono insegnare ai ragazzi ad usarla con sapienza, perchè possano diventare persone libere e consapevoli e non ricettacoli di oggetti acritici».

Torniamo ai bambini iperattivi e alla dipendenza dalla tecnologia, cosa succede crescendo? «L’iperattività è dovuta al fatto che questi bambini non riescono a sostituire la madre con il gioco. O meglio, non basta l’oggetto per pacificare l’angoscia della mancanza della madre – conclude l’esperto-. Di norma invece è attraverso il gioco che il bambino sublima l’“oggetto” da cui deve staccarsi. Nel disturbo di iperattività questo non avviene, c’è un’energia che non viene calmata, una pulsione che resta attivata. Oltre all’aiuto psicologico, dobbiamo rendere più creativa la mente del bambino per liberarlo dalla prigione dell’oggetto e insegnare ai ragazzi a usare gli strumenti tecnologici con sapienza. Si cresce con gli esempi e imparare a usare smartphone e pc in maniera sana è la sfida dei genitori di oggi». Perchè genitori ”laschi” equivale a figli iperattivi.

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