Articolo di Valentina Corvino per Il Salvagente, maggio 2021
Ftalati e bisfenolo non sono solo responsabili di un alterazione del sistema ormonale ma potrebbero compromettere lo sviluppo del cervello dei bambini. E’ l’ultimo, in origine di tempo, allarme lanciato dagli scienziati americani del progetto TENDR (Targeting Environmental Neuro-Development Risks) che nella loro recente pubblicazione, riportano un numero crescente di prove da studi sperimentali ed epidemiologici che hanno trovato un’associazione tra l’esposizione prenatale agli ftalati e gli effetti dello sviluppo neurologico nella prole. Tuttavia – denuncia CHEM Trust – per questa classe di sostanze non è prevista la valutazione di questo rischio prima dell’autorizzazione all’uso.
Diversi studi epidemiologici hanno misurato l’esposizione prenatale agli ftalati e poi hanno seguito lo sviluppo dei bambini rilevando comportamenti alterati, sintomi o diagnosi clinica di disturbi dello sviluppo, tra cui il disturbo da deficit di attenzione, iperattività (ADHD) e autismo.
Il modello più coerente che emerge dagli studi è stata l’associazione dei livelli di esposizione agli ftalati durante lo sviluppo fetale con i comportamenti dei bambini comunemente associati all’ADHD; come iperattività, aggressività / sfida e reattività emotiva, deficit nella funzione esecutiva o diagnosi clinica di ADHD. È stata anche segnalata una riduzione del QI dei bambini per un tipo di ftalato.
Tra le cause, gli studi individuano l’interruzione dell’ormone tiroideo: questi ormoni, infatti, sono essenziali per lo sviluppo del cervello e le sostanze chimiche che interrompono il sistema tiroideo possono danneggiare gravemente il neurosviluppo, come ha descritto CHEM Trust nel rapporto No Brainer.
Sebbene gli effetti sullo sviluppo del cervello siano stati dimostrati solo per alcuni ftalati, molti altri ftalati non sono stati esaminati affatto per questi effetti. Per questo – sottolinea CHEM Trust – è necessario adottare un approccio più precauzionale per evitare il rischio dei bambini per l’apprendimento, l’attenzione e i disturbi comportamentali. Non da ultimo considerando l’aumento dell’incidenza di ADHD e diagnosi correlate all’autismo negli ultimi anni.