Perché non bisogna castigare i bambini se urlano o non ubbidiscono ed è meglio intervenire in altri modi? Come evitare castighi e punizioni
Articolo di Sara Giorgi per Nostrofiglio.it, novembre 2020 – puoi leggere sul nostro sito la scheda del libro descritto nell’articolo
Perché occorre evitare castighi e punizioni eccessivi se il bambino non ubbidisce, urla o ha reazioni fuori controllo? Lo spiega un libro, recentemente pubblicato, che propone invece un percorso educativo da mettere in pratica in famiglia.
Il testo si intitola Meno castighi e più ricompense (Erickson): si tratta di una storia divertente con illustrazioni, nella quale 4 protagonisti “ipereroi” hanno qualcosa in comune con chi la legge e ciò serve per favorire l’identificazione e stimolare la riflessione.
L’autore è Gianluca Daffi, laureato in Psicologia, che svolge attività di docenza presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Brescia e già presso la Libera Università di Bolzano.
In particolare, ogni capitolo del libro – definito dall’autore un “quaderno esperienziale” – contiene spiegazioni per adulti e attività pratiche per i bambini (6-11 anni) con fragilità nell’autocontrollo e disturbi di attenzione e iperattività (ADHD).
Si tratta di una raccolta di proposte per aiutare a gestire alcune difficoltà del comportamento che tendono ad assumere la forma di difetti, i quali, se ben gestiti, possono trasformarsi in punti di forza. Abbiamo intervistato Gianluca Daffi per chiedergli qualcosa in più.
“C’è una spiegazione scientifica molto chiara e molto semplice: i castighi servono ai bambini che non hanno difficoltà di autocontrollo: in tal caso quando il bambino pensa di mettere in atto qualcosa ed è stato castigato precedentemente, il suo cervello si ricorda del castigo e lui riesce a bloccarsi.
Il castigo non funziona in chi ha difficoltà di autocontrollo perché il cervello di quest’ultimo non riesce proprio a ricordare la punizione precedente e a fermarsi in tempo. Il bambino con questa difficoltà non ha il tempo di ricordare il castigo prima di compiere l’atto che fa arrabbiare il genitore: solo subito dopo si ricorda che è stato punito in passato. Il castigo non è dunque efficace al fine di interrompere il comportamento sbagliato.
Accade però che tanti genitori continuino inutilmente a castigare bambini che hanno difficoltà nell’autocontrollo. Cosa fare? Conviene innanzitutto capire come funziona nostro figlio: se ha difficoltà nell’autocontrollo non è un bambino che vuole volutamente comportarsi male. I bambini impulsivi sono bimbi a cui “scappano dei comportamenti”.
L’impulsività ha lati positivi e lati negativi. Il lato negativo si ha, per esempio, quando il bambino tira un calcio a qualcuno che gli sta antipatico. Quello positivo si ha quando il piccolo abbraccia e dà un bacio a qualcuno che gli piace. Di per sé l’impulsività è neutra e corrisponde a “quello che passa per la testa al bambino”, che sia positivo o negativo”, spiega Gianluca Daffi.LEGGI ANCHE:Come distinguere un bambino vivace da un bambino iperattivo?
“Bisogna insegnare anche ai bambini a comprendere come funzionano.
Il bambino deve capire che non è cattivo, perché la percezione di sé gioca un ruolo importantissimo. Così come il genitore deve capire che non ha davanti a sé un bambino cattivo o maleducato, ma che è soltanto impulsivo. Se il genitore lo punisce sempre, il figlio inizierà a convincersi di essere cattivo.
Cercare di anticipare
Seconda cosa importante: occorre insegnare ai bambini strategie per far capire loro che cosa sta accadendo esattamente un attimo prima che mettano in atto il comportamento che porta alla reazione eccessiva del genitore. Mettersi a urlare o punirli dopo che qualcosa è accaduto non serve, serve invece dire al bambino “Guarda che quando tu cominci a fare così, poi succede quell’altra cosa”. Ciò con un tono che non è di accusa, ma che serve a fargli intendere che quando alza la voce, la situazione degenera e finisce in un modo che non piace a nessuno.
Terza strategia: occorre fornire al bambino strumenti perché possa gestire questa impulsività, pur restando per tutta la vita impulsivo.
Per fare un esempio, è chiaro che un bambino impulsivo diverrà un adulto impulsivo, ma ciò non significa che andrà in giro a prendere le persone per il collo. Piuttosto significa che se discuterà con il collega di lavoro, a un certo punto, quando si sentirà nervoso o agitato, riconoscerà quei segnali e metterà in campo una strategia (uscendo magari dalla stanza prima di esplodere). E’ possibile dunque insegnare al bambino a non scoppiare continuamente, aiutandolo così a rendere la sua vita migliore”.LEGGI ANCHE:Il (troppo) perfezionismo può trasformare in genitori elicottero, lo dice uno studio
“E’ davvero molto importante, per i genitori, capire come funzionano i bambini. L’obiettivo del testo è ragionare insieme ai figli, facendo con loro un’esperienza. Il libro non è dedicato solo ai bambini che hanno disturbi del comportamento, ma a tutti. Essere impulsivi non è né positivo né negativo per i più piccoli: il colore di questa impulsività lo mette il genitore. Se il genitore si mette con suo figlio a riflettere su come mettere in campo due o tre strategie per convertire l’impulsività negativa in un tratto anche positivo, allora la situazione diventa migliore. L’impulsività, con il tempo, può diventare anche uno scatto di grinta positiva per il bambino.
In molti casi il figlio impulsivo ha un genitore altrettanto impulsivo. E’ utile che il genitore capisca che è importante aspettare prima di intervenire o di arrabbiarsi. La mamma o il papà, ad esempio, può pensare per mezz’ora (o di più) e poi intervenire successivamente. L’importante è intervenire adeguatamente, anche se non lo si fa subito.
Ecco alcuni suggerimenti pratici tratti dal libro:
“Sono un docente universitario e insegno anche alle scuole superiori. Mi occupo anche di bambini e ragazzini con difficoltà nell’autocontrollo e ho lavorato molto con i genitori e i loro figli.
Ho notato, in questi anni di esperienza, che con i bambini con disturbo (ma anche solo con difficoltà) dell’autocontrollo, i genitori tendono a mettere in atto i seguenti strumenti: premiare o castigare. Noto anche che i castighi, come le punizioni, non funzionano con i bambini che hanno una difficoltà nel controllarsi. Quindi ho avuto l’idea di scrivere un libro che potesse essere letto dai genitori insieme ai bambini – da qui la definizione di “quaderno esperienziale” – per far capire a mamme e papà che il castigo non funziona e per far capire ai bambini che c’è un altro modo di ragionare, insieme ai genitori, su un’alternativa al castigo, trovando dunque altre soluzioni.
Quando ho scritto questo libro mi sono ispirato a modelli già esistenti di libri esperienziali, pensando che, in un momento qualsiasi della giornata, il genitore potesse sedersi vicino al bimbo, leggere con lui una storia, riflettere su ciò che succede ai personaggi della storia e immedesimarsi. I personaggi nel testo sono delineati con caratteristiche particolari e in essi i bimbi con difficoltà di autocontrollo possono ritrovarsi. Ma ciò possono farlo non solo i piccoli, ma anche i genitori. Ho immaginato un adulto e un bambino seduti uno accanto all’altro a leggere questa storia ritrovandosi nei problemi raccontati, per apprendere poi le soluzioni proposte dal libro e riflettere insieme.
Il libro non contiene soluzioni, ma contiene ipotesi di soluzioni e spinge molto a riflettere. C’è una parte in cui il bimbo è stimolato a riflettere su alcune cose individualmente, così come c’è una parte in cui l’adulto è stimolato a riflettere allo stesso modo. C’è poi anche un momento comune, con attività da fare insieme per far nascere un pensiero comune. Questo vuol dire “quaderno esperienziale”. L’importante sarà, alla fine, aver fatto qualcosa insieme”, conclude il professore Daffi.