Di: Lawrence Diller, M.D. Clinical Faculty, UCSF – Fonte: http://www.huffingtonpost.com
Traduzione a cura di Ilaria Pagliotta
I Centri per il controllo e la diffusione delle malattie (CDC-Centers for Disease Control) hanno pubblicato la settimana scorsa un’analisi di dati che rivela una crescita significativa del numero di bambini americani affetti da deficit dell’attenzione e iperattività (ADHD). Il numero di bambini con un’età compresa dai 5 ai 17 anni, affetti, su affermazione dei genitori, da ADHD o dalla forma senza iperattività ADD, è passato dal 7% al 9% in un periodo di dieci anni, fino al 2009. Il 9% si traduce in 4.858.210 bambini, come censito nel 2010 (dati appartenenti all’ U.S. Census data.)…
In realtà i ricercatori non sanno se questi bambini rispondono ai criteri per l’ADHD/ADD. Questi dati sono stati estrapolati da un sondaggio telefonico condotto sul piano nazionale che chiedeva ai genitori “se un dottore o operatore sanitario avesse mai dichiarato che il proprio figlio fosse affetto da deficit dell’attenzione con o senza iperattività (ADHD/ADD)
Dal momento che non esiste un esame biologico o psicometrico che attesti la presenza di ADHD/ADD, nessuno può avere la certezza che la situazione neurologica di questi bambini sia definitiva. Quando si tratta di forme più estreme è possibile individuare facilmente l’iperattività e l’impulsività dell’ADHD, ma alla maggior parte dei bambini viene diagnosticata una forma più mite, che viene a torto poi interpretata con comportamenti di bambini attivi o vivaci, ma comunque normali. Ed è proprio nei riguardi di questa forma più mite che le opinioni dei professionisti del settore sono contrastanti.Questa indagine ha preso in considerazione esclusivamente quanto fosse stato comunicato ai genitori.
Rimane il fatto inconfutabile che sia la diagnosi che la terapia per ADHD/ADD nei bambini sia in continuo aumento. Essendo coinvolto in prima persona nell’argomento, sia in qualità di osservatore ma anche di parte attiva (mi è capitato quotidianamente di prescrivere farmaci come il Ritalin, Adderall e Concerta) ho potuto osservare, con curiosità unità a costernazione, il peggiorare di questa situazione nell’arco di vent’anni. Sono stato anche coinvolto in quello che fu chiamato “The Ritalin Wars” (ndT “guerre al Ritalin”), un dibattito mediatico spesso polemico volto a valutare la prescrizione di stimolanti- essenzialmente anfetamine-ai bambini americani.
L’impennata di questo trend è in continua ascesa. Dai dati recenti del CDC è possibile affermare con buona precisione (basandosi su delle precedenti e dettagliate curve di distribuzione) che un bambino bianco su 6 dell’età di 11 anni, coperto da regolare assicurazione sanitaria fa uso di stimolanti almeno durante la settimana scolastica. Si tratta di una terapia esagerata o opportuna per un bambino, la cui condizione di salute non fosse stata previamente diagnosticata o trattata?
Quello di cui posso essere certo è che siamo al momento l’unica nazione che a questo livello somministri farmaci a bambini che manifestano una cattiva condotta o risultati insoddisfacenti.
Se la diagnosi di ADHD/ADD possa anche apparire effimera, la produzione di stimolanti prescrivibili, il cui consumo è direttamente proporzionale alla diagnosi, è monitorizzato da un’agenzia federale antidroga che fa a capo al dipartimento di giustizia negli Stati Uniti (ndT Drug Enforcement Administration – DEA). Dal 1996 la quantità annuale di farmaci paragonabili al Ritalin approvati dal DEA per la produzione, è di 4000 volte superiore ai 50 milioni di kilogrammi, per l’Adderall si tratta addirittura di 10000 volte 26 milioni di kilogrammi. In parole povere nel 2010 sono state approvate per la produzione 83.776 tonnellate di stimolanti legali, pari a circa 250 gr per ogni uomo, donna e bambino americani.
Gli Stati Uniti hanno firmato il trattato ONU che monitorizza la produzione e la vendita di sostanze che potenzialmente creino dipendenza. L’Organo internazionale per il controllo degli stupefacenti (INCB, International Narcotics Control Board) con sede a Vienna, monitorizza la produzione di stimolanti legalizzati in tutto il mondo. I dati forniti dall’INCB dimostrano che nel 2009 gli Stati Uniti, che rappresentano il 4% della popolazione mondiale), ha prodotto 88% dei farmaci legalizzati del tipo Ritalin in tutto il mondo. Il Canada utilizza un terzo pro capite delle prescrizioni di stimolanti rispetto agli USA, la Germania un ottavo, il Regno Unito un dodicesimo, il Giappone un cinquantesimo.
L’uso dei quantitativi prodotti di questi farmaci non distingue tra bambini ed adulti, ed è evidente che negli ultimi dieci anni gli Stati Uniti abbiano assistito ad una crescita del numero di adulti con ADHD/ADD, con il conseguente uso di stimolanti. In ogni caso lo studio del CDC segna un continuo aumento dei casi diagnosticati e nell’utilizzo di questi farmaci nei bambini. Queste sostanze fanno bene o male?
Suppongo che sia tutta una questione di valori. Quando utilizzata in piccole dosi, l’anfetamina genera immediatamente concentrazione ed attenzione in chiunque la assuma, ivi inclusi i bambini affetti da ADHD/ADD. Anche interventi comportamentali specifici, soprattutto messi in atto dai genitori insieme ad interventi educazionali, da parte di scuole e insegnanti,migliorano il rendimento ed il comportamento di questi bambini.
Tuttavia le pillole danno risalto all’efficenza, in quanto funzionano velocemente e i costi d’acquisto sono relativamente contenuti.Tutti i tipi d’intervento non farmacologici danno valore all’impegno con il bambino, richiedono un dispendio di tempo, energia e di denaro Il sistema sanitario e quello scolastico privilegiano l’efficienza. I genitori propendono invece per l’impegno, ma se il sistema terapeutico disponibile offre solo delle soluzioni farmacologiche, anche i genitori li prediligeranno, se l’alternativa finale è poi quella di non curare affatto.
I farmaci tipo Ritalin sono in commercio da circa 80 anni, la somministrazione ai bambini avviene da 70. Proprio nei bambibi, tali farmaci funzionano in maniera ragionevolmente sicura ed efficace, non si può dire lo stesso per adolescenti ed adulti, dove incombe l’antico spettro della dipendenza, del sovradosaggio e della tolleranza. Continua a manifestarsi quella tendenza che ha rafforzato il concetto di “Stati Uniti d’Adderall”.
Non ritengo si profilino nell’immediato futuro delle forme d’intervento compensative che possano rallentare la prescrizione di stimolanti in bambini (ed adulti) negli Stati Uniti. Come spesso accade in questo Paese, è il denaro a governare. Ma a lungo andare una società che decide di reagire alla vita utilizzando dei farmaci, lo fa a suo rischio e pericolo.