UNO DEGLI PSICHIATRI PIÙ IMPORTANTI DEL MONDO RACCONTA LA SUA BATTAGLIA ALLA SETTIMANA DELLA SALUTE MENTALE DI MODENA
“Vi dicono matti e non lo siete – Troppe diagnosi non provate e così aumentano gli abusi di farmaci”
di: FRANCESCO RIGATELLI – da: Da.tuttoscienze, 19/10/11
Tra gli ospiti d’onore della «Settimana della salute mentale» che s’inaugura
venerdì a Modena, c’è senza dubbio Allen Frances. Classe 1942, professore emerito alla Duke University negli Stati Uniti, è uno degli psichiatri più
importanti del mondo. La sua fama è legata alla direzione della quarta
e dizione del «Diagnostic and statistical manual of mental disorders» (Dsm IV), cioè la classificazione dei disturbi mentali usata dai medici di tutto il globo, nonché, secondo molti psichiatri europei, una delle più grandi operazioni di egemonia culturale statunitense. Nel 2013, a quasi 10 anni di distanza, è prevista la pubblicazione di una nuova versione. E prima che sia troppo tardi, proprio Allen Frances, il custode del lavoro precedente, ha
ziato una grande battaglia culturale che lunedì, su invito del direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Ausl locale Fabrizio Starace, porta anche a Modena con una lezione magistrale alle 9,30 nella chiesa di San Carlo dal titolo «Uso e abuso della diagnosi psichiatrica». In quest’intervista
ne anticipa i contenuti e racconta le sfide professionali di uno psichiatra
nel 2011.
Come probabilmente fa di solito lei, partiamo dall’origine. Perché ha scelto il suo mestiere?
«Ero interessato a Freud e a capire le ragioni del perché io e altri
facciamo quel che facciamo».
Nel suo percorso ha capito se ci sono regole di vita per mantenere la salute mentale?
«Niente regole: certo, aiutano l’accettare se stessi, un po’ di senso dell’umorismo,
il considerare le cose nel lungo periodo, lo stare lontano dalle droghe,
l’amore e l’amicizia, il lavoro duro e l’esercizio fisico e mentale».
Quali sono i problemi contemporanei per chi svolge la sua professione?
«Quello più grande è l’inflazione diagnostica, che fa aumentare il numero dei disturbi da manuale, particolarmente per i bambini. La medicalizzazione della normalità e delle differenze individuali ha portato all’uso eccessivo di trattamenti psicofarmacologici e all’ulteriore discriminazione del paziente psichiatrico. Anche perché i medici sono sempre meno abituati alla diagnosi clinica, quella che oltre ai manuali guarda al rapporto individuale
col paziente. Tra le ultime mode dei disturbi ci sono il deficit d’attenzione,
il bipolarismo infantile, l’autismo. Le cure più abusate per queste sindromi sono antipsicotici atipici dai possibili effetti collaterali».
Quindi non ci sono nuovi disturbi mentali? In generale, pensa che le società americane ed europee siano più o meno sane del passato?
«L’aumentare dei disturbi viene dalla modifica delle etichette non da cambiamenti delle persone. Penso che la natura umana muti lentamente o per nulla nel corso del tempo e dubito che sindromi come quelle inerenti lo stress siano più presenti ora che in altre epoche. La vita non è mai stata facile! Le etichette e il modo in cui vengono usate invece può mutare
velocemente. Il marketing aggressivo delle case farmaceutiche vende l’idea che le persone sono malate per incoraggiare l’uso di medicine. Intendiamoci, queste ultime possono essere cruciali per persone con disturbi definiti e compromettenti, ma controindicate per coloro per cui il tempo e la psicoterapia sono sufficienti e più sani. La psichiatria è meravigliosa quando si gode i suoi limiti».
Come va la sua battaglia per il nuovo Dsm?
«È troppo presto per dire se la mia opposizione avrà qualche impatto».
In cosa consiste esattamente?
«Il Dsm V introduce una serie di nuove diagnosi e riduce i limiti della discrezionalità per le diagnosi già esistenti nel manuale precedente. Considero, però, queste novità non supportate da evidenze scientifiche e
insensibili degli abusi che provocherebbero. Nuove diagnosi, infatti,
possono essere pericolose come nuove medicine e dovrebbero essere introdotte solo dopo accurate analisi dei possibili rischi. Negli Stati Uniti abbiamo
un’agenzia governativa indipendente per approvare la sicurezza e l’efficacia
delle medicine, ma non un processo altrettanto valido per controllare le nuove diagnosi e assicurare che siano affidabili e supportate da prove sufficienti».
Ci sono delle lobby che influenzano il lavoro sul Dsm?
«No: gli esperti che lavorano al Dsm V sono “smart” e ben intenzionati, ma assai ingenui su come il manuale possa essere usato poi nel mondo reale, in particolare sotto la pressione delle case farmaceutiche».
Ci sono altre ingiustizie nella storia recente delle malattie mentali?
«Sì, per esempio in alcuni Stati degli Usa le leggi incoraggiano la diagnosi errata dello stupro come un disturbo mentale per facilitare la detenzione preventiva dei criminali in ospedali psichiatrici».
In un’intervista a «Wired» lei ha detto che «non esiste una vera definizione delle malattie mentali» e per chiarire il concetto ha aggiunto: «It’s
bullshit!». Insomma, stronzate… È così?
«Fu una scelta povera di parole da parte mia. L’idea era ed è che non esiste una chiara separazione tra disturbo mentale e normalità. Tanto che piccole variazioni nella definizione di una sindrome possono significare grandi cambiamenti per chi viene considerato malato. Così, finché all’eccesso di
diagnosi da manuale seguiranno l’ultramedicalizzazione e la discriminazione sociale, è meglio essere cauti nelle modifiche e anteporvi accurate analisi dei rischi».
Grazie, professore.
“Vi dicono matti e non lo siete – Troppe diagnosi non provate e così aumentano gli abusi di farmaci”
di: FRANCESCO RIGATELLI – da: Da.tuttoscienze, 19/10/11
Tra gli ospiti d’onore della «Settimana della salute mentale» che s’inaugura venerdì a Modena, c’è senza dubbio Allen Frances. Classe 1942, professore emerito alla Duke University negli Stati Uniti, è uno degli psichiatri più importanti del mondo. La sua fama è legata alla direzione della quarta e dizione del «Diagnostic and statistical manual of mental disorders» (Dsm IV), cioè la classificazione dei disturbi mentali usata dai medici di tutto il globo, nonché, secondo molti psichiatri europei, una delle più grandi operazioni di egemonia culturale statunitense. Nel 2013, a quasi 10 anni di distanza, è prevista la pubblicazione di una nuova versione. E prima che sia troppo tardi, proprio Allen Frances, il custode del lavoro precedente, ha ziato una grande battaglia culturale che lunedì, su invito del direttore del dipartimento di Salute mentale dell’Ausl locale Fabrizio Starace, porta anche a Modena con una lezione magistrale alle 9,30 nella chiesa di San Carlo dal titolo «Uso e abuso della diagnosi psichiatrica». In quest’intervista ne anticipa i contenuti e racconta le sfide professionali di uno psichiatra nel 2011.
Come probabilmente fa di solito lei, partiamo dall’origine. Perché ha scelto il suo mestiere?
«Ero interessato a Freud e a capire le ragioni del perché io e altri facciamo quel che facciamo».
Nel suo percorso ha capito se ci sono regole di vita per mantenere la salute mentale?
«Niente regole: certo, aiutano l’accettare se stessi, un po’ di senso dell’umorismo, il considerare le cose nel lungo periodo, lo stare lontano dalle droghe, l’amore e l’amicizia, il lavoro duro e l’esercizio fisico e mentale».
Quali sono i problemi contemporanei per chi svolge la sua professione?
«Quello più grande è l’inflazione diagnostica, che fa aumentare il numero dei disturbi da manuale, particolarmente per i bambini. La medicalizzazione della normalità e delle differenze individuali ha portato all’uso eccessivo di trattamenti psicofarmacologici e all’ulteriore discriminazione del paziente psichiatrico. Anche perché i medici sono sempre meno abituati alla diagnosi clinica, quella che oltre ai manuali guarda al rapporto individuale col paziente. Tra le ultime mode dei disturbi ci sono il deficit d’attenzione, il bipolarismo infantile, l’autismo. Le cure più abusate per queste sindromi sono antipsicotici atipici dai possibili effetti collaterali».
Quindi non ci sono nuovi disturbi mentali? In generale, pensa che le società americane ed europee siano più o meno sane del passato?
«L’aumentare dei disturbi viene dalla modifica delle etichette non da cambiamenti delle persone. Penso che la natura umana muti lentamente o per nulla nel corso del tempo e dubito che sindromi come quelle inerenti lo stress siano più presenti ora che in altre epoche. La vita non è mai stata facile! Le etichette e il modo in cui vengono usate invece può mutare velocemente. Il marketing aggressivo delle case farmaceutiche vende l’idea che le persone sono malate per incoraggiare l’uso di medicine. Intendiamoci, queste ultime possono essere cruciali per persone con disturbi definiti e compromettenti, ma controindicate per coloro per cui il tempo e la psicoterapia sono sufficienti e più sani. La psichiatria è meravigliosa quando si gode i suoi limiti».
Come va la sua battaglia per il nuovo Dsm?
«È troppo presto per dire se la mia opposizione avrà qualche impatto».
In cosa consiste esattamente?
«Il Dsm V introduce una serie di nuove diagnosi e riduce i limiti della discrezionalità per le diagnosi già esistenti nel manuale precedente. Considero, però, queste novità non supportate da evidenze scientifiche e insensibili degli abusi che provocherebbero. Nuove diagnosi, infatti,
possono essere pericolose come nuove medicine e dovrebbero essere introdotte solo dopo accurate analisi dei possibili rischi. Negli Stati Uniti abbiamo un’agenzia governativa indipendente per approvare la sicurezza e l’efficacia delle medicine, ma non un processo altrettanto valido per controllare le nuove diagnosi e assicurare che siano affidabili e supportate da prove sufficienti».
Ci sono delle lobby che influenzano il lavoro sul Dsm?
«No: gli esperti che lavorano al Dsm V sono “smart” e ben intenzionati, ma assai ingenui su come il manuale possa essere usato poi nel mondo reale, in particolare sotto la pressione delle case farmaceutiche».
Ci sono altre ingiustizie nella storia recente delle malattie mentali?
«Sì, per esempio in alcuni Stati degli Usa le leggi incoraggiano la diagnosi errata dello stupro come un disturbo mentale per facilitare la detenzione preventiva dei criminali in ospedali psichiatrici».
In un’intervista a «Wired» lei ha detto che «non esiste una vera definizione delle malattie mentali» e per chiarire il concetto ha aggiunto: «It’s
bullshit!». Insomma, stronzate… È così?
«Fu una scelta povera di parole da parte mia. L’idea era ed è che non esiste una chiara separazione tra disturbo mentale e normalità. Tanto che piccole variazioni nella definizione di una sindrome possono significare grandi cambiamenti per chi viene considerato malato. Così, finché all’eccesso di diagnosi da manuale seguiranno l’ultramedicalizzazione e la discriminazione sociale, è meglio essere cauti nelle modifiche e anteporvi accurate analisi dei rischi».
Grazie, professore.